Era stato creato nel marzo del 2012 per offrire sostegno pubblico ad Agnese Piraino Leto, la moglie di Paolo Borsellino, che in quei giorni era stata attaccata da Antonio Subranni: in pochi giorni su Facebook aveva raggiunto migliaia di iscritti, ottenendo le attenzioni anche dei telegiornali nazionali. Undici anni dopo, però, il gruppo “Fraterno sostegno ad Agnese Borsellino” diventa fonte di roventi polemiche che spaccano ancora una volta il mondo dell’antimafia.

Il motivo? “Oggi, nel gruppo si sostiene che le parole pronunciate da Agnese Borsellino sono da rivedere… da capirne il senso. Insomma si riabilita Subranni“, scrive in un post Gianfranco Criscenti, esperto cronista di giudiziaria e storico collaboratore dell’agenzia Ansa da Trapani. Nel marzo del 2012 era stato lui ad aprire quel gruppo Facebook, insieme a Nico Gozzo, sostituto procuratore alla Direzione nazionale antimafia che da aggiunto a Caltanissetta ha indagato sulla strage di via d’Amelio, svelando il depistaggio condotto con le false dichiarazioni di Vincenzo Scarantino. “Il gruppo l’ho fondato nel marzo 2012, assieme al magistrato Nico Gozzo, per esprimere solidarietà alla vedova del giudice, pesantemente apostrofata dal generale Subranni, dopo che la signora disse di aver appreso dal marito che l’ufficiale era punciuto, ricorda Criscenti. Che poi però aggiunge: “Gli amministratori del gruppo Fraterno sostegno ad Agnese Borsellino, farebbero bene a chiuderlo“.

Per capire cosa sta succedendo bisogna tornare indietro nel tempo. Nell’agosto del 2009 Agnese Piraino Leto racconta ai magistrati di Caltanissetta alcune confidenze raccolte dal marito poco prima della strage di via d’Amelio. “Il 15 luglio 1992, verso sera, conversando con mio marito in balcone lo vidi sconvolto. Mi disse testualmente: ho visto la mafia in diretta, perché mi hanno detto che il generale Subranni è punciutu“, sono le parole messe a verbale dalla moglie di Borsellino. Un racconto confermato nel gennaio del 2010: “Confermo che mi disse che il generale Subranni era punciuto. Mi ricordo che quando me lo disse era sbalordito, ma aggiungo che me lo disse con tono assolutamente certo. Non mi disse chi glielo aveva detto. Mi disse, comunque, che quando glielo avevano detto era stato tanto male da aver avuto conati di vomito. Per lui, infatti, l’Arma dei Carabinieri era intoccabile”.

Punciuto” vuol dire essenzialmente essere affiliato a Cosa nostra. Un’accusa grave per Subranni, ex generale del Ros dei carabinieri, che aveva negato ogni addebito, attaccando la consorte del magistrato assassinato: “Purtroppo, la signora Borsellino non sta bene in salute. Forse un Alzheimer, non so quando cominciato”, aveva detto in un’intervista al Corriere della Sera. “Le insinuazioni del generale Antonio Subranni non meritano alcun chiarimento. Si commentano da sole”, si era limitata a replicare Agnese Piraino Leto, poi deceduta nel maggio del 2013. La vedova Borsellino, contrariamente alle insinuazioni del generale, è rimasta “lucida fino alla morte“, come ha raccontato suo figlio Manfredi, deponendo come testimone al quarto processo celebrato sulla strage di via d’Amelio. Nel frattempo le dichiarazioni della signora Piraino Leto avevano fatto finire sotto inchiesta il generale del Ros. Un’indagine per concorso esterno a Cosa nostra poi chiusa con l’archiviazione. Pochi mesi fa, tra l’altro, Subranni è stato anche assolto in via definitiva nel processo sulla cosiddetta Trattativa tra pezzi dello Stato e Cosa nostra. Insomma: la confidenza fatta da Borsellino alla moglie si riferiva evidentemente su un’accusa falsa o comunque mai dimostrata.

Recentemente, però, c’è chi ha dato una lettura diversa di quelle dichiarazioni della signora Borsellino. Si tratta di Fabio Trizzino, il marito di Lucia e l’avvocato di Manfredi e Fiammetta Borsellino. Durante una lunga audizione davanti alla commissione Antimafia il legale ha spiegato che, dal suo punto di vista, il movente nascosto della strage di via d’Amelio è legato all’interesse di Borsellino per Mafia e appalti, l’indagine dei carabinieri sull’accordo miliardario tra Cosa nostra, l’imprenditoria e la politica. Una pista storicamente sostenuta dal centrodestra – coalizione che esprime la presidente di San Macuto, Chiara Colosimo – ma anche da Subranni e dal suo successore al vertice del Ros, Mario Mori. Nella sua lunga relazione Trizzino ha anche fornito un’interpretazione inedita delle parole riferite da Borsellino alla moglie. Insistendo sulla struttura semantica della frase – “Ho visto la mafia in diretta perché mi hanno detto che il generale Subranni era punciutu” – l’avvocato ha sostenuto che per Borsellino “chi glielo stava riferendo era il mafioso”. In pratica, secondo Trizzino, per il giudice ucciso in via d’Amelio “la mafia in diretta” era quella che stava cercando di portare avanti “una linea di delegittimazione del Ros“, cioè di Subranni. Un’interpretazione che non tiene conto del secondo verbale di Agnese Piraino Leto (quello del 2010 in cui le affermazioni della vedova sono più dirette) e neanche di quanto raccontato da Diego Cavaliero, che fu un giovane collega e amico di Borsellino: “Circa dieci anni fa – disse il magistrato durante un’udienza del processo sulla Trattativa nel 2014 – la signora Agnese mi disse che poco tempo prima di morire, in un momento di rabbia, il marito le aveva detto che il generale Subranni era punciuto. Mi disse anche che in quella occasione Paolo aveva vomitato dopo essere rientrato a casa”.

Al netto delle varie opinioni che si possono avere sulla tesi di Trizzino, va registrato che la riabilitazione di Subranni sembra aver convinto la maggior parte degli animatori del gruppo Fraterno sostegno ad Agnese Borsellino. “Bastano queste poche parole per mettere a tacere tutti i teoremi contro il generale e non solo“, scrive uno degli utenti, rilanciando un pezzo dell’audizione dell’avvocato. “In democrazia ognuno è libero di esprimere il proprio parere, certo. Ma che lo faccia in un gruppo nato con uno scopo specifico, ribaltando la volontà di chi l’ha fondato, non è tollerabile“, dice Criscenti. Dal gruppo, tra l’altro, è stata bandita la pubblicazione di articoli giornalistici che si permettono di avanzare qualsiasi contestazione alle ricostruzioni di Trizzino, a cominciare dal Fatto Quotidiano. In compenso, negli ultimi tempi, trovano ampio spazio link che riportano le opinioni di Mori sulle stragi e pezzi che denunciano un presunto conflitto d’interessi di Roberto Scarpinato, ex procuratore generale di Palermo oggi componente della commissione Antimafia. Da qui nasce la richiesta di Criscenti: “Quel gruppo va chiuso. O almeno gli va cambiato nome”.

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