Il massacro di palestinesi in atto a Gaza costituisce, oltre a una serie spaventosa di crimini di guerra e contro l’umanità, il crimine di genocidio. Le dichiarazioni fatte da vari esponenti di alto livello della politica israeliana, a cominciare dal presidente della Repubblica Herzog, non lasciano in effetti dubbi sulla volontà precisa delle Forze armate israeliane di colpire la popolazione palestinese in quanto tale. E’ del tutto evidente che i bombardamenti israeliani non operano alcuna distinzione tra militari e civili, come affermato tra gli altri da Olfat Al-Kurd, volontaria palestinese dell’organizzazione israeliana per i diritti umani Be’tselem, che ha reso una dichiarazione in questo senso parlando da una tendopoli a Gaza Sud, dopo che ben settanta membri della sua famiglia erano stati uccisi da tali bombardamenti.

Si tratta di un intento genocida basato su di un’ideologia di stampo razzista e suprematista che ha spinto Netanyahu a dichiarare, lo scorso 16 ottobre, che si tratta di “una guerra tra i figli dell’oscurità e quelli della luce, fra l’umanità e la legge della giungla”. Il ministro della Difesa israeliano Gallant, a sua volta, ha dichiarato che stanno combattendo degli “animali” e ha promesso che elimineranno tutto. Il portavoce delle Forze armate Daniel Hagari ha dichiarato che occorre porre l’enfasi sulla distruzione e non sulla precisione. Il responsabile del coordinamento delle attività governative nei territori, maggior generale Ghassan Alian ha affermato che l’intento di Israele è quello di distruggere la vita palestinese a Gaza, aggiungendo che “gli animali umani devono essere trattati in quanto tali. Non ci sarà elettricità e non ci sarà acqua. Ci sarà solo la distruzione. Volevate l’inferno e lo avrete”.

La giornalista Giora Eiland ha scritto sul noto quotidiano Yedioth Ahronoth che è necessario suscitare una severa crisi umanitaria a Gaza per raggiungere lo scopo che è poi quello di fare di Gaza un luogo dove sia impossibile l’esistenza umana. La deputata della Knesseth Mirav Ben Ari si è spinta a dichiarare che anche i bambini hanno le loro colpe. E’ del resto stato reso noto un documento dell’Institute for National Security and Zionist Strategy, influente think tank israeliano che teorizza esplicitamente la necessità di ricollocare i palestinesi da Gaza in Sinai.

Un aspetto particolarmente importante di questo massacro indegno è costituito dall’accanimento contro i giornalisti, sia palestinesi, che stranieri. Con evidente linguaggio intimidatorio il governo israeliano ha dichiarato espressamente che non può garantirne la sicurezza e sono almeno ventiquattro i giornalisti finora uccisi. L’intera famiglia del corrispondente di Al-Jazeera è stata sterminata in un bombardamento e il giornalista italo-palestinese che trasmetteva dalla Cisgiordania occupata, Karem Rohana, è stato malmenato da una squadraccia poco dopo essere atterrato a Roma, episodio anch’esso gravissimo perché avvenuto in Italia, qui opportunamente denunciato da Michele Santoro.

Questi crimini sono direttamente funzionali all’ordine impartito da Netanyahu e dai suoi accoliti all’informazione che, riprendendo il titolo di un film italiano di serie B di molti anni fa, potrebbe essere sintetizzato colle parole: “Silenzio, si uccide”.

La guerra, come dicono i responsabili israeliani della stessa, sarà lunga e dura. Meglio quindi che se ne parli il meno possibile, se proprio se ne deve parlare, si riproducano acriticamente le vergognose veline del governo israeliano. Comandamento prontamente applicato dai grandi giornali (coll’unica eccezione del Fatto quotidiano) e dalle televisioni in Italia.

Come ho scritto più volte, anche nel corso dell’attacco palestinese del 7 ottobre sono stati commessi dei crimini, ma mentre la ricostruzione effettuata dalla stampa israeliana contribuisce a chiarire con maggiore esattezza la portata degli stessi, sottolineando ad esempio il fatto che molti civili sono stati uccisi nell’ambito del contrattacco israeliano. L’ultimo comunicato delle organizzazioni combattenti palestinesi annuncia il loro intento di concentrare gli attacchi sulle strutture militari israeliane e sui coloni armati. Occorre che ogni sforzo sia effettuato per ottenere il rispetto delle norme di diritto internazionale umanitario, a tutela dei civili di entrambe le parti.

Il terreno dello scontro fra civiltà comporta invece l’imbarbarimento e la generalizzazione del conflitto come dimostrato anche dal moltiplicarsi degli inaccettabili atti di antisemitismo e degli attentati terroristici.

In conclusione, il ruolo della libera informazione è cruciale per mettere fine al conflitto e alle sofferenze disumane cui il popolo palestinese è sottoposto. Ecco perché Netanyahu, che vuole che il conflitto duri a lungo e termini colla distruzione di Gaza e lo sterminio o la deportazione della gente che lo abita, ha deciso con ogni mezzo di mettere il bavaglio ai giornalisti onesti ed imparziali. Ed ecco perché dobbiamo difendere, insieme a loro, il nostro diritto inalienabile di essere informati. Netanyahu ha fallito anche in questo, come dimostrano le enormi manifestazioni che continuano a svolgersi anche in Italia (sabato 4 novembre di nuovo a Roma) per denunciare il genocidio della popolazione palestinese compiuto dal governo israeliano colla complicità di quelli occidentali, italiano compreso.

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