“Oggi non sparano più ai giornalisti, ma scagliamo querele bavaglio e preparano dossier per metterli a tacere”, così ha detto Sigfrido Ranucci al Forum di Articolo 21, concetto ripreso e rafforzato nella intervista di oggi al Fatto.

La convocazione in Commissione di vigilanza ha già il sapore del processo. Cosa chiederanno a Ranucci? Le sue fonti? La violazione del segreto professionale? Vogliamo dimenticare che la redazione di Report, già in occasione delle inchieste sulla trattava Stato-mafia, è stata sottoposta a intercettazioni, pedinamenti, sequestri dei tabulati? Si colpiscono Ranucci e Report per dare un segnale ad ogni cronista, per invitarlo ad auto-oscurarsi, per indurre al silenzio, all’omissione.

Non a caso al Senato la destra ha già presentato un nuovo disegno di legge bavaglio, premessa della controriforma costituzionale. Più poteri alla capa dopo aver colpito giustizia, informazione, contrattazione, Parlamento. Siamo già approdati al confine ungherese, anzi oltre.

Per queste ragioni il 7 novembre ci ritroveremo al Pantheon per accompagnare Sigfrido Ranucci davanti alla sede del rinnovato tribunale dell’inquisizione, a San Macuto. Non saremo lì solo per lui e la redazione di Report, ma anche per difendere quello che resta dell’Articolo 21 della Costituzione, prima che sia troppo tardi.

Allo stesso modo saremo in aula dalla parte di Thomas Mackinson, il cronista del Fatto quotidiano aggredito, diffamato e insultato da Vittorio Sgarbi. La giusta fotografia del regime dell’intolleranza, dell’impunita, della volgarità. È giunto il momento di rispondere colpo su colpo, senza mai lasciare da soli quanti sono e saranno nel mirino dei mazzieri del regime.

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