Armita Garawand è morta dopo 28 giorni di coma. La 16enne era stata violentemente picchiata dalla sorveglianza della metropolitana di Teheran perché non indossava il velo. Il suo caso ricorda quello di Masha Amini, la 22enne curda arrestata dalla polizia morale dell’Iran perché indossava male l’hijab e morta dopo le percosse subite nel centro di reclusione. La sua morte fu la miccia che fece scoppiare la rabbia e le proteste al grido di ‘Donna, vita, libertà’ proseguite per mesi dal settembre 2022. Un anno dopo, le autorità temono che la vicenda che riguarda la 16enne Armita Garawand possa riaccendere il movimento di protesta.

Masha e Armita hanno un destino tragicamente simile. Anche nel caso della 16enne, l’Iran nega la ricostruzione della sua aggressione, spiegando che la ragazza avrebbe sbattuto la testa in seguito a un malore. Ma i video raccontano un’altra verità: Armita è stata aggredita il primo ottobre da una guardia della metro per essersi tolta il velo, le immagini mostrano la ragazza portata a braccia fuori da un vagone da alcune donne in chador nero e deposta a terra, immobile.

A inizio ottobre il gruppo curdo per i diritti umani Hengaw Organization for Human Rights ha pubblicato una foto della ragazza scattata nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale Fajr di Teheran: intubata, una ferita alla testa coperta da un grosso cerotto, gli occhi chiusi, la flebo sul braccio sinistro abbandonato. Un’istantanea che testimoniava al contempo la violenza dell’aggressione subita e le condizioni tragiche della ragazza. Una settimana fa è arrivata la notizia che Armita era ormai entrata in coma irreversibile. Ora i media confermano la sua morte.

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