Ogni giorno che passa gli stipendi italiani valgono di meno. L’inflazione morde soprattutto i redditi più bassi ma, chi più chi meno, ce ne stiamo accorgendo tutti. Oggi l’Istat ribadisce che nonostante la decelerazione dell’inflazione, nei primi nove mesi dell’anno la distanza tra la dinamica dei prezzi e quella delle retribuzioni contrattuali “supera ancora i cinque punti percentuali“. L’Italia è il paese Ocse che sta soffrendo di più il fenomeno dell’erosione del potere di acquisto. I prezzi salgono come negli altri paesi se non di più ma gli stipendi restano al palo, i contratti non vengono rinnovati o lo sono con tempi lunghissimi e recuperi dell’inflazione soltanto parziali. Ciò si sovrappone ad una condizione di partenza che mostrava già una profonda debolezza dei salari, gli unici tra quelli dei paesi Ocse che valgono oggi meno di 30 anni fa. Non stupisce che i consumi scendano e che ormai si tagli anche sul mangiare.

A fine settembre 2023 i contratti di lavoro in attesa di rinnovo sono 31 e coinvolgono circa 6,7 milioni di dipendenti, il 54% del totale. Fra questi c’è il contratto nazionale dei giornalisti che è scaduto nel 2013. Secondo i dati diffusi dall’Istat nel corso del terzo trimestre 2023 sono stati recepiti due contratti: società e consorzi autostradali e pelli e cuoio. Alla fine di settembre 2023, risultano in vigore per la parte economica 42 contratti collettivi nazionali, questi riguardano il 46% dei dipendenti – circa 5,7 milioni – e corrispondono al 45,2% del monte retributivo complessivo. In questo quadro non sorprende che il clima di fiducia dei consumatori continui a deteriorarsi. Sempre l’Istat stima una forte diminuzione della fiducia in ottobre(l’indice passa da 105,4 a 101,6). Peggiorano anche le aspettative delle imprese che pure, proprio grazie all’inflazione e ad aumenti dei listini spesso superiore ai costi, che cala da 104,9 a 103,9. l’Indice delle imprese – osserva l’Istat – “si estende a tutti i settori salvo quello delle costruzioni. L’indice complessivo raggiunge il valore più basso da aprile 2021″.

Articolo Precedente

Pnrr e superbonus dimostrano che l’aumento della spesa pubblica riduce la disoccupazione

next
Articolo Successivo

Il pensiero liberale è pacifista: chi fa la guerra in nome del liberalismo è un opportunista

next