Il governo prova a mettere una pezza sul pasticcio dell’esclusione dei titoli di Stato dal calcolo dell’Isee. Una misura che nella sua versione attuale favorirebbe ingiustamente famiglie potenzialmente anche molto ricche a scapito dei meno abbienti. Ora spunta l’ipotesi di introdurre un tetto di 50mila euro per l’ammontare di Btp e Bot che si potranno escludere dal calcolo . La modifica non è certa ma compare nelle ultime bozze della manovra. La ratio della norma originale potrebbe essere quella di incentivare le famiglie a comprare i titoli di Stato italiani in un momento in cui le condizioni di mercato si stanno facendo più impegnative . Insomma una versione moderna e aggiornata dell’”oro alla patria” di mussoliniana memoria. Aumentare la quota sul totale dei bond sovrani in mano ai cittadini italiani allenta i legami del paese con la grande finanza ma la strada da fare per raggiungere una sorta di autarchia finanziaria sul modello giapponese, è molto lunga e quasi impossibile da percorrere sino in fondo.

Oggi la quota di debito italiano in mano alle famiglie è appena del 10% (solo nel 2010 era al 23%). La banca d’Italia che acquista e detiene materialmente i titoli su mandato della Banca centrale europea è balzata al 25%. Un altro 24% fa capo a banche e assicurazioni nazionale, un altro 26% a soggetti finanziari internazionale. D’altronde l’esclusione dall’Isee introduce una soluzione di dubbia costituzionalità. La dichiarazione è infatti usata anche per accedere a tariffe più favorevoli in scuole, asili e sanità. Senza il tetto che si sta valutando in queste ore e a titolo di esempio, chi disponesse di un patrimonio da 20 milioni di euro in titolo di Stato e non avesse altri redditi, potrebbe ottenere lo stesso trattamento agevolato di una famiglia i cui introiti si fermano sotto i 15mila euro l’anno. Potrebbe persino accedere a strumenti di contrasto alla povertà come quel poco che rimane del reddito di cittadinanza.

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