Il Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha giustamente sottolineato le radici politiche dell’attacco del 7 ottobre, facendo riferimento soprattutto all’occupazione illegale dei territori palestinesi. Si tratta di un ragionamento inevitabile per trovare una soluzione politica al conflitto, ma l’arrogante reazione dell’ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite dimostra che il governo Netanyahu, oltre a sentirsi con scarsa cognizione di causa il padrone del mondo, ha scelto di continuare il massacro in atto fino alle estreme conseguenze.

Ritengo, e l’ho già scritto e detto più volte, sia necessario condannare senza riserva i crimini contro i civili commessi durante l’attacco del 7 ottobre. Ma come definire l’immane massacro, il bombardamento sistematico degli ospedali, delle chiese e di qualsiasi luogo di ritrovo, il rifiuto di far giungere beni essenziali come alimenti, acqua, combustibili e medicinali, lo sterminio, finora, di oltre 1600 bambini secondo l’Unicef? I bombardamenti israeliani, che si sono avvalsi anche del micidiale fosforo bianco, sono assolutamente indiscriminati. Muoiono a migliaia i bambini, muoiono gli intellettuali e vengono colpiti i difensori dei diritti umani come l’avvocato Raji Sourani, rappresentante della Palestina di fronte alla Corte penale internazionale.

Non c’è nessuna necessità militare che possa giustificare crimini di guerra e contro l’umanità che vengono commessi ogni minuto dal governo di Benjamin Netanyahu e dalle sue Forze armate. Si tratta quindi di un’azione con finalità politica, di natura triplice.

Primo, punire tutta la popolazione di Gaza, dai poppanti agli ultraottantenni, per essere oggettivamente simpatizzante o comunque complice di Hamas (si vedano le esplicite dichiarazioni del presidente israeliano Herzog al riguardo). Secondo, obbligare tutta tale popolazione, parliamo di oltre due milioni di persone, ad abbandonare il territorio della Striscia per cercare rifugio in Sinai, dando così modo ad Israele di ampliare ulteriormente la propria occupazione illegittima dei Territori palestinesi. Terzo, contenere la crescita demografica della popolazione palestinese mediante il ricorso allo sterminio, sia di forma immediata coi bombardamenti, che di forma più lungo periodo, colla negazione della possibilità di condurre una vita degna o, meglio, una vita tout-court.

Occorre interrogarsi sulla natura dell’operazione militare di sterminio condotta dalle Forze armate israeliane a Gaza anche alla luce della definizione di genocidio contenuta nell’art.II della relativa Convenzione delle Nazioni Unite, che è opportunamente più ampia di quello che in genere pensano i profani.

Tale operazione d’altronde è ciecamente sostenuta da un estremismo fortemente radicato nella società israeliana come dimostrato dai crimini impuniti dei coloni in Cisgiordania e dal clima di intolleranza nei confronti di chi esprime anche solo solidarietà o dolore per le vittime palestinesi, come denunciato da vari giornalisti. Non so se e quando tale sterminio finirà e come finirà.

L’azione militare di terra contro Hamas, più volte annunciata, stenta a prendere forma. Molto efficienti nel massacrare i civili colle bombe, i militari israeliani sanno perfettamente che si troveranno in gravi difficoltà di fronte a una resistenza accanita, che non ha più nulla da perdere perché ha già perso tutto da molto tempo.

Incombe, anche come possibile effetto della immensa portata dei crimini commessi, l’allargamento del conflitto a partire dalla discesa in campo di Hezbollah ed altre forze arabe. Il tutto in un quadro internazionale sempre più nettamente segnato dal declino dello storico protettore di Israele, il governo statunitense. Complice, anch’esso, certamente, dei crimini che vengono commessi, così come lo sono gli infantilizzati governi europei, cricca di corrotti ed irresponsabili di cui dobbiamo liberarci al più presto, se vogliamo garantire un futuro al nostro continente.

Quanto ad Israele, sembra evidente che Netanyahu, coi suoi crimini, stia scavando la fossa non solo al suo governo fascista ma a tutto lo Stato d’Israele. Illusoria la prospettiva di perpetuare il proprio dominio in un mare di sangue, nel quale gli stessi carnefici finirebbero per affogare. L’unica alternativa alla fuga è quindi, come scritto dallo scrittore sionista Avi Shavit nel suo ultimo intervento, l’accettazione della prospettiva di convivenza su di un piede di parità coi Palestinesi, ripudiando i crimini, , condannandone i responsabili, a cominciare da Netanyahu, e rinnegando o il terrorismo di Stato che Israele porta avanti da tempo insieme all’odiosa politica dell’apartheid razzista contro i Palestinesi e tutta la sua struttura istituzionale e normativa.

Speriamo che tale strada sia imboccata dai settori più consapevoli ed intelligenti della società israeliana e che tali settori siano capaci di imporsi con ogni mezzo necessario sui latrati dei seguaci di Netanyahu.

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