Poca eco ha ricevuto la dichiarazione del sindaco Giuseppe Sala che Milano è stanca, non può continuare a vivere giorno e notte a ritmi esagerati e ha bisogno di riposare, di rallentare. Anche io come altri mi ero unito al coro di critiche, forse impietoso, sullo stato della città.

Milano è una città nervosa, impaziente, difficile, che va a scatti, con il mito della velocità che non riesce a raggiungere, proprio per questa sua andatura irregolare e non fluida. Una città popolata da anziani, ma con strutture e tempi molto più adatti alle persone giovani. I cui orari si sono ancora più scomposti con il lockdown e lo smartworking. Mi permetto quindi al di là delle critiche di suggerire sommessamente qualche piccola mossa che potrebbe avvicinare l’obiettivo del sindaco.

Per prima cosa il sindaco si prenda una vera pausa, per girare per i quartieri della città, a piedi o con i mezzi pubblici. Una pausa per pensare, per capire. Quello che manca oggi è un pensiero, non l’azione continua, su questa strada si arriva davvero al limite di proporre come Salvini una centrale nucleare in Piazza del Duomo.

Anche se il problema principale non è il traffico, la misura dei 30 km orari controllati in città sarebbe un ottimo segnale da prendere nel più breve tempo possibile. Questa misura vige in molte città grandi e piccole in Europa, e ha l’effetto di aumentare la velocità media della circolazione, ridurre l’inquinamento e migliorare la sicurezza di pedoni e ciclisti (che comunque devono adeguarsi alle regole della viabilità).

Sala anticipi senza essere obbligato dall’inquinamento le “Domeniche a piedi”. Faccia diffondere nelle stazioni e sui mezzi della metropolitana e del passante (una risorsa molto utile ma mal segnalata) la musica di Mozart, il cui effetto è riconosciuto da tutti come terapeutico e rilassante. Quest’ultimo è forse il punto nodale, la reattività rabbiosa crescente.

In realtà serve veramente a poco introdurre i 30 all’ora se un automobilista prende a martellate un passante che gli ha fatto segno di rallentare mentre attraversa sulle strisce. Quindi il punto sembra esser proprio questo, abbassare l’insofferenza, la perdita istantanea della pazienza, che come dice Banana Yoshimoto è una forma d’amore.

Incontri gruppi di anziani, di ragazzi, donne. Milano, oltre alle bellezze riconosciute, ha una quantità di perle che l’Amministrazione deve riuscire a infilare e riannodare. Penso alle Social Street, sparse in varie parti, all’esperienza dei pensionati scuola che hanno rimesso in ordine il Giardino di San Faustino all’Ortica, alla Bocciofila di via Castelli in fondo a via Mac Mahon, ai lavori delle scuole, alla Kasa dei Libri. Mi fermo qui.

Si faccia aiutare dalla Curia, magari anche con i Boy Scout, oppure giri per Quarto Oggiaro con Biondillo, con Piero Colaprico per Piazza Selinunte e utilizzi l’esperienza del più grande esperto di periferie degradate che è Don Gino Rigoldi, spenda del tempo in un centro antiviolenza.

Giuseppe Sala è al suo ultimo mandato da sindaco: può permettersi gesti coraggiosi e rivoluzionari, per l’appunto cercando di rallentare, in modo originale, una città unica, cosa che fino ad ora non è riuscita a Parigi e nemmeno a Londra, ma solamente a piccole città come Nantes. E per un po’ non si lasci ossessionare dal problema dello stadio di San Siro.

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