“Guarda qui. In questo video c’è un’anziana sola in casa. E c’è un uomo, un tizio che è entrato nel suo giardino, lo vedi? E allora la donna gli dice di andarsene, che quella è casa sua, cosa diavolo vuole? E invece è lui che dice a lei di andare via, perché tanto se la casa non gliela toglie lui, domani verrà un altro e se la prenderà comunque. Perché lui è un colono israeliano e lei una palestinese. Funziona così”.

Immagina una cosa del genere in Italia, dove ad ogni sbarco gridiamo all’invasione. Immagina una cosa del genere a te: un giorno un tizio entra in casa di tua madre e le intima di andarsene e si prende tutto perché funziona così.

Il fatto è che funziona così davvero, da anni, e funziona così perché in fondo è meglio andarsene subito, avendo qualche minuto per racimolare poche cose, piuttosto che essere scacciati l’indomani, guardando i bulldozer fare della tua vita macerie. “Le abitazioni dei palestinesi più isolate prima o poi finiscono tutte nel mirino dei coloni, gente senza terra chiamata in Palestina da politiche israeliane che ti offrono ogni sostegno solo per farti tornare, e così occupare spazio”.

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G., che è italiano, e A., che è palestinese, questa settimana sarebbero dovuti andare a Nablus, in Cisgiordania, per festeggiare con la famiglia della sposa il loro matrimonio, già sancito in una moschea italiana. Un viaggio separato, con G. che dichiara turismo per non avere rogne e A. che attraversa tre checkpoint in cui di lei sanno già tutto: dove vive, dove lavora, cosa scrive sui social. A volte non l’hanno fatta passare; a volte l’hanno tenuta in uno stanzino per otto o dieci ore. Comanda l’esercito israeliano “oppure la polizia palestinese, che è anche peggio perché corrotta”. “Ovviamente non faremo più alcuna festa: non c’è proprio più spazio in testa per l’idea di festeggiare. E comunque ad A. non la farebbero più passare”.

In Cisgiordania, almeno fino a qualche tempo fa, l’ipotesi di entrare e uscire era plausibile. Certo lì si vive coi droni che mulinano sulla testa, l’esercito in strada e i checkpoint tra i marciapiedi, ma l’idea di entrare e uscire può comunque balenare nella mente perfino di un palestinese. A Gaza no. La Striscia di Gaza è una prigione. O forse lo era fino a qualche giorno fa.

Ti sei chiesto perché per combattere Hamas, che ha i leader da tutt’altra parte, Israele sgancia seimila bombe su un pezzo di Gaza densamente abitato da civili e poi vuole occuparlo militarmente? “Per prenderselo, esattamente come fanno i coloni con le case. E dopo che se lo prendono, non tornano più indietro. Successe al nonno di A., a Tel Aviv, dove oggi noi italiani andiamo a fare le vacanze. E successe a una famiglia di suoi cugini, sbattuti fuori dall’esercito dalla sera alla mattina. I genitori di A. per fortuna vivono nel centro di Nablus, dove gli israeliani non possono arrivare indisturbati coi bulldozer. L’unica cosa che Israele può fare per prendersi un’area densamente abitata come quella è raderla al suolo bombardandola”. Tipo la zona a nord di Gaza, tipo.

“Chi sopravvive, ma ne sopravvivono pochi, spesso non fa molta strada. Abbiamo un amico talassemico, J., che è scappato nella parte sud della Striscia dopo le bombe della scorsa settimana e ci racconta che da molti giorni sono senza luce e senz’acqua: come dovrebbero vivere? Lui riesce a ricaricare il telefono utilizzando le batterie delle macchine e ogni giorno ci racconta qualcosa con un messaggio. Ma non sappiamo quanto potrà resistere. Invece di una parte della famiglia di A., che viveva proprio a Gaza, non abbiamo più notizie dal giorno dell’inizio dei bombardamenti. Da nessun membro della famiglia: inghiottiti”.

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Ogni giorno, ogni giorno, ogni giorno, Israele morde e inghiotte case e terra ai palestinesi. Il sito Effimera ha raccontato due mesi di soprusi quasi giornalieri e la morte en passant dei palestinesi che si sono messi in mezzo. Un popolo spolpato: il minimo che ci si possa attendere è rabbia. “I palestinesi non sono Hamas e certamente non sono a favore della violenza. Ma quando ti sbattono fuori dalla tua stessa casa senza motivo, a chi altro puoi rivolgerti lì? Quando capisci che l’Autorità palestinese non ha autorità, che non c’è forma di giustizia, a chi altro puoi chiedere aiuto? Per noi occidentali quelli di Hamas sono i terroristi, per chi vive lì diventano i partigiani. Allo stesso modo non tutti gli ebrei sono con Netanyahu, che ha un potere sempre più dispotico, infatti le proteste contro la sua politica crescono continuamente. Non è una questione religiosa, non c’entrano Dio né Allah”.

Ma più di tutto, cosa vorrebbero i palestinesi? “Vogliono che il mondo sappia”.

“Ogni persona che è deceduta ha lasciato al suo vicino di branda un messaggio. I messaggi sono stati sepolti nei campi di sterminio. Cosa dicono questi messaggi? Vogliono che il mondo sappia”. Bruna Schreiber, ebrea sopravvissuta alla Shoah.

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