La Repubblica islamica di Iran teme una nuova ondata di proteste dopo la morte di Armita Garavand. I media italiani hanno riportato la notizia solo qualche giorno fa, io ne avevo parlato a Radio Cusano Campus già venerdì scorso nell’approfondimento della trasmissione La Storia Oscura dal titolo “Il Crimine in Rosa”. Proprio in quell’occasione avevo trattato il caso come l’ennesimo omicidio di Stato. Due donne: Masha Amini e Armita Garavand. Entrambe giovani entrambe uccise dalla polizia morale a causa del velo islamico. Entrambe vittime di un regime dittatoriale, misogino e crudele che delle donne non ha alcun rispetto. Così come non ne ha dell’essere umano.

La storia di Armita, di soli 16 anni, inizia il primo ottobre quando insieme a delle compagne di classe è entrata su un vagone della metro. Armita era senza velo come tantissime giovani donne stanno facendo da un anno a questa parte. Secondo le ricostruzioni, una funzionaria della polizia morale sul treno avrebbe chiesto ad Armita di mettere l’hijab e lei le avrebbe risposto “ti sto per caso chiedendo di toglierti il velo? Perché chiedi a me di portarlo?”. Armita si è rifiutata ed è stata così colpita con un manganello. Le immagini riprese dalle telecamere mostrano la giovane che esce “quasi cadavere” dal treno della metropolitana. Alle sue amiche è stato detto di dire che si è trattato di un incidente. “Ha sbattuto la testa”, secondo i media statali la ragazza era svenuta per “un calo di pressione”.

Verrà portata nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale militare Fajr a Teheran. Ai familiari sarà chiesto di non parlare. La mamma, Shahin Ahmadi, aveva chiesto più volte notizie di sua figlia e per questo era stata presa in custodia. Si era più volte chiesta del perché quella massiccia presenza di forze di sicurezza e agenti dei servizi segreti davanti all’ospedale; non le hanno permesso di vedere sua figlia, non le hanno permesso di controllare i filmati delle telecamere di sicurezza che avrebbero mostrato il momento in cui Armita è stata colpita. Perché quelle trasmesse in tv sono solo parziali, le altre sono state censurate. E non è finita.

In queste settimane la Repubblica islamica ha cercato di prendere tempo e di non divulgare la notizia della morte della ragazza. Ancora oggi qualcuno sostiene sia ancora in coma. Invece no. Armita è morta, lo dichiara Tavaana, una delle piattaforme più affidabili e anonime sostenute e curate dai maggiori esperti e professionisti iraniani. Sul suo canale Telegram oggi si legge che: “Domenica 22 ottobre 2023, alle 16:30, hanno interrotto i dispositivi che erano collegati da quasi due settimane al corpo di Armita Garavand e il suo corpo è stato trasferito dall’ospedale all’obitorio. Nel certificato di morte è scritta la causa della morte: ‘morte cerebrale’. La stessa sera la famiglia di Armita è stata informata della morte della figlia e gli è stato detto di tenersi pronti per il funerale. La forze di sicurezza insistono affinché il corpo di Armita venga sepolto in un villaggio nella provincia di Kermanshah o nel Lorestan. Ma la mamma di Armita si è opposta fermamente a questo obbligo ed ha dichiarato di voler seppellire la propria figlia a Teheran la città nella quale Armita viveva e in cui abitano tutt’oggi. Vorrebbero seppellirla nel cimitero di Behesht Zahra a Teheran o almeno nelle vicinanze”.

Secondo le informazioni raccolte da Tavaana, il giorno dell’incidente, subito dopo il trasferimento di Armita in ospedale, è stata chiamata la preside della sua scuola e di notte sono state chiamate anche le due amiche che erano con lei sul vagone della metro ed i suoi compagni. Sono stati interrogati nell’ufficio dell’intelligence. Alcune fonti riferiscono che le ragazze e la preside sono state minacciate affinché non rivelassero i dettagli dell’incidente. Anche il personale dell’ospedale è stato minacciato obbligandolo a non pubblicare foto o a rilasciare interviste ai giornalisti sulla vicenda.

Armita è morta e la Republica Islamica dell’Iran oggi ha un problema in più. In una società quella iraniana già profondamente provata dalle repressioni violente avvenute nel paese dalla morte di Mahsa Amini, il governo iraniano non ha giorni facili all’orizzonte. Se lontanamente ha pensato di spostare l’attenzione da quello che avviene nel paese alla crisi in Medioriente, il regime non ha considerato che la morte di una giovane, giovanissima donna potrebbe nuovamente portare gran parte della popolazione a proteste di massa come quelle dello scorso anno. Un copione già visto. Ma con un’aggravante: ora anche il resto del mondo sa quello di cui è capace quel regime criminale e questa volta non rimarrà silente.

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