di Stefano Briganti

Il vecchio Joe Biden (oltre il 70% degli americani lo considera troppo vecchio per un secondo mandato) a Tel Aviv ha fatto una dichiarazione memorabile: “Accecati dalla rabbia per l’attentato dell’11 settembre abbiamo commesso degli errori…”.

Se a dirlo fosse un uomo che accecato dalla rabbia uccide l’assassino di un suo figlio, la corte di giustizia di fronte alla quale compare potrebbe anche dargli un’attenuante. Qui a dirlo è il presidente di un paese che: 1) può utilizzare a suo piacimento la più grande forza militare di offesa del mondo; 2) si proclama il paladino della giustizia, dei diritti umani, della democrazia e la cui presenza ritiene sia “indispensabile al mondo”; 3) si considera e si proclama il garante del mantenimento della pace globale.

Per questi motivi di attenuanti non ce ne dovrebbero essere e quella affermazione suona strabiliante proprio per la sua adamantina correttezza. Di quali errori il vecchio falco Joe, che ha speso una intera vita all’insegna dell’uso della “forza come deterrente” e della ricerca della pace nel solco dell’antico motto “se vuoi la pace prepara la guerra”? Personalmente penso faccia riferimento ai 500.000 iracheni – di cui 100.000 bambini – uccisi con la scusa di liberare il mondo dalla minaccia di un dittatore che, a dire degli Usa, possedeva armi di distruzione di massa. Possesso (falsamente) provato da una provetta di polvere bianca, che poi si rivelò contenesse talco, sventolata da Colin Powell all’Onu (che così diede il “go” ai bombardieri Usa). Sì. Un “errore” perché la Cia aveva dato “informazioni non completamente attendibili” (C. Powell 2004). Un “errore” che distrusse una nazione e decimò un popolo.

Potrebbe riferirsi anche all’Afghanistan. L’obiettivo invece era Osama bin Laden ritenuto la mente dell’attentato dell’11 settembre. Anche qui il paese venne massacrato e quasi 200.000 afghani persero la vita sotto il fuoco americano. Bin Laden venne catturato in Pakistan nel 2011 ma gli Usa rimasero in Afghanistan per altri 11 anni con la scusa di liberare il mondo dal terrorismo islamico. Ammisero poi di non esserci riusciti, ma fecero ovviamente altri morti. Un Paese come gli Usa non può permettersi questi “errori” pretendendo di rimanere ancora e sempre “indispensabile al mondo”.

Joe Biden continua poi la sua dichiarazione dicendo: “Abbiamo ottenuto giustizia e per questo si debbono fare scelte difficili che hanno un prezzo da pagare”. Qual è la “giustizia” alla quale si riferisce l’anziano presidente? Chi ha deciso qual è la giustizia? E’ ovvio che, nella logica di Biden e non solo sua, sono gli Usa a stabilirla, in quanto autoproclamatisi paladini della giustizia e della democrazia. Ma nella fattispecie del dopo 11 settembre, non fu giustizia ma vendetta per placare l’ira dell’oltraggio subito.
Neppure questo può permettersi di fare. Non può attuare una vendetta cieca e ostinata facendola passare per giustizia.

Anticamente, nei paesi “barbari”, la giustizia si basava sulla vendetta, sulla legge del taglione “occhio per occhio e dente per dente”, ma da un paese che afferma di portare giustizia in un mondo di “barbari assassini” non si può accettare che applichi l’antica legge dei barbari. Nelle società cosiddette democratiche esistono delle istituzioni che si chiamano tribunali che amministrano la giustizia secondo le leggi che sono un’espressione della democrazia. In particolare ne esiste uno per i crimini di guerra e quelli contro l’umanità: il tribunale internazionale dell’Aja. Ed è emblematico che tale tribunale non sia riconosciuto dagli Usa, come non lo riconoscono altri stati definiti “barbari” dal mondo democratico occidentale. Gli Usa non accettano di poter essere processati da chiunque ma pretendono che chiunque altro lo sia.

E’ troppo facile derubricare tutto con la parola “errori” quando si è certi di non dover rendere conto a nessuno. Molto più grave è che questa dichiarazione sia accettata in totale silenzio da tutto il Vecchio Continente.

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