Un test elettorale bifronte, se non altro per la diversità del sistema di voto, ma dallo stesso significato politico, si tiene domenica 22 ottobre a Trento e Bolzano. Si rinnovano i rispettivi consigli delle Province Autonome, soltanto che a Bolzano non si tratta di una elezione diretta del governatore, ma in prima battuta di una sfida tra liste, mentre a Trento sono in 7 a sfidarsi per la poltrona di governatore. In ogni caso si tratta di un appuntamento di fine anno, che coincide con il primo anniversario del Governo Meloni, in grado di verificare la tenuta di Fratelli d’Italia, l’eventuale recupero della Lega e il possibile colpo gobbo del centrosinistra a Trento.

Maurizio Fugatti è il presidente uscente trentino, leghista da sempre, eletto nel 2018 con il 47 per cento, quando la Lega aveva fatto da traino con il 27 per cento e Fratelli d’Italia era a un lillipuziano 1,5 per cento. Dopo di allora sono venute le Europee, con il partito di Salvini proiettato al 38 per cento, e le politiche 2022 a ruoli invertiti: Meloni al 40 per cento, Salvini al 12 per cento. La candidatura di Fugatti è stata alquanto elaborata, visto che Fratelli d’Italia ha già lasciato alla Lega sia la Lombardia che il Friuli Venezia Giulia. Inanellare la terza presidente regionale significherebbe per la Lega dover probabilmente rinunciare al Veneto, nel 2025 quando scadrà il terzo mandato di Luca Zaia, al momento non più candidabile. Per questo Salvini non può permettersi di perdere Trento, mettendo a nudo la superiorità del partito della Meloni.

Chi ci spera è il centrosinistra, che ha candidato l’ex sindaco di Rovereto Francesco Valduga, oncologo, in una provincia dove ha sempre avuto grandi soddisfazioni. Sperando nel ribaltone, ha chiamato a raccolta tutti, anche Italia Viva di Matteo Renzi e Azione di Carlo Calenda, i quali nello stesso giorno erano in città, separati in casa, ma alleati. Più che un laboratorio politico, sembrano i titoli di coda di un Centro unito soltanto per convenienza e per non scomparire. Di conseguenza, i Cinquestelle sono rimasti fuori, presentando il consigliere uscente Alex Marini, il quale ha condotto in solitaria – e inascoltato – battaglie come il contrasto alle infiltrazioni criminali nella società e nella politica.

A Bolzano la musica è completamente diversa. Sudtiroler Volkspartei, il partito autonomista che da sempre controlla la provincia punta a superare il 42 per cento ottenuto 5 anni fa, magari confermando il 46 5% del 2019 alle Europee. Arno Kompatscher è avviato alla riconferma, anche se il quinquennio è stato turbolento per le lacerazioni interne al partito, con colpi bassi e dimissioni. In palio 35 seggi, contesi da 16 liste e 488 candidati. Salvini si è fatto vedere due volte nel giro di un paio di settimane, facendo delle problematiche di confine con l’Austria, al Brennero, uno degli elementi per dimostrare la presenza del governo e della Lega. Nella contesa sono entrati in scena in modo indiretto anche il “re degli Ottomila” Reinhold Messner e l’ex tuffatrice Tania Cagnotto, con un documento di esponenti della società civile, firmato pure da Konrad Bergmeister, il potente presidente della Cassa di Risparmio: “Ci stanno a cuore l’Alto Adige, la sua autonomia e il futuro delle prossime generazioni. Vogliamo ricordarvi quanto siano importanti per il nostro paese la stabilità e il senso di comunità”. Parole che sono state interpretate come un vero assist a Kompatsher, senza un invito esplicito a votare per Svp.

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