Un veto americano che ha provocato indignazione tra i commentatori arabi e non solo, ma è stato accompagnato dagli avanzamenti diplomatici annunciati da Joe Biden in diretta da Tel Aviv e dalle precisazioni dell’ambasciatrice americana presso le Nazioni Unite, che ha sottolineato l’urgenza di lasciare lavorare per i negoziati il presidente in Medio Oriente. A colpire e a richiedere un’analisi più complessa proprio tenendo conto delle missioni del capo della Casa Bianca e del segretario di Stato Antony Blinken è stato il veto di Washington alla bozza della risoluzione Onu proposta dal Brasile che condannava gli attacchi di Hamas contro Israele e tutte le violenze contro i civili e chiedeva “pause umanitarie” nel conflitto tra Israele e Hamas per consentire l’accesso degli aiuti umanitari alla Striscia di Gaza.

La bozza di risoluzione – Il testo – presentato dal Brasile al Consiglio di Sicurezza Onu e che è stato negoziato per giorni nel tentativo di ottenere il via libera – a differenza di quello russo che non è passato al voto lunedì, “condanna inequivocabilmente gli atroci attacchi terroristici di Hamas“, e ha ottenuto 12 voti a favore, il no degli Usa, e due astensioni, Russia e Gran Bretagna. La bozza chiedeva inoltre “il rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi”, e sollecitava Israele, senza nominarlo, a “revocare l’ordine di evacuazione delle aree nel nord di Gaza e di trasferirsi nella zona meridionale della Striscia“. A chiarire il no americano arrivato al momento del voto, è stata l’ambasciatrice di Washington presso le Nazioni Unite: “Il viaggio del presidente Joe Biden nella regione è una chiara dimostrazione che gli Usa sono impegnati al livello più alto” sul conflitto tra Israele e Hamas “per arrivare al rilascio degli ostaggi, per evitare che il conflitto si allarghi e per ribadire il bisogno di proteggere i civili“, ha dichiarato Linda Thomas-Greenfield. “Siamo sul terreno portando avanti il duro lavoro della diplomazia, e mentre riconosciamo il desiderio del Brasile di votare il testo, noi crediamo che bisogna lasciare lavorare la diplomazia – ha proseguito – specialmente quando il segretario generale Guterres, il presidente Biden, il segretario di stato Blinken e attori regionali sono impegnati in un intenso dialogo sui temi in discussione qui oggi”. Thomas-Greenfield ha poi ribadito che gli Usa “sono delusi che questa bozza non menzioni il diritto di Israele a difendersi“. Un punto, questo, contestato da chi ha criticato il veto americano, perché considerato implicito, ma ritenuto imprescindibile per gli Stati Uniti, che anche oggi hanno riconfermato di essere a fianco di Tel Aviv “oggi, domani e sempre”.

Lo sblocco degli aiuti umanitari – Al di là di quanto accaduto in sede Onu, i negoziati e la discussione sugli aiuti umanitari ai palestinesi sono stati al centro del confronto tra il presidente Biden e l’omologo israeliano Netanyahu, e hanno portato allo sblocco degli aiuti umanitari per Gaza “il più presto possibile”, come ha dichiarato il leader della Casa Bianca, che ha paragonato l’attacco di Hamas del 7 ottobre ai quindici attacchi dell’11 settembre. Mettendo però in guardia Tel Aviv dal non compiere gli stessi errori fatti dagli Usa dopo il 2001, quando la rabbia per l’accaduto condizionò le strategie di Washington. “Se da un lato abbiamo visto la giustizia e l’abbiamo ottenuta, dall’altro abbiamo commesso degli errori. Molti americani erano consumati dalla rabbia per ciò che era accaduto”, ha ricordato Biden. “Bisogna fare giustizia” ma “non lasciate che questa rabbia vi consumi”, ha detto, sottolineando che “le scelte non sono mai facili” e “c’è sempre un prezzo da pagare” perché “richiedono una valutazione onesta”. Poi ha precisato che “la maggioranza dei palestinesi non sono Hamas” e che “anche la perdita di vite palestinesi conta“, rinnovando l’invito alla moderazione e a una “risposta proporzionata” già inoltrato a Netanyahu nei giorni scorsi.

“Israele ha concordato che l’assistenza umanitaria possa iniziare a spostarsi dall’Egitto a Gaza”, ha dichiarato il presidente Usa, aggiungendo che gli Stati Uniti stanno lavorando con i partner per far sì che “i camion attraversino il confine il prima possibile”. Una richiesta pressante alla quale Tel Aviv, si legge in una nota dell’ufficio del premier israeliano, ha “acconsentito”, vincolandola però al fatto che sia tutto destinato alla popolazione civile. “Alla luce della richiesta del presidente americano, Israele non ostacolerà le forniture umanitarie provenienti dall’Egitto, purché si tratti solo di cibo, acqua e medicine per la popolazione civile che si trova nel sud della Striscia di Gaza o che vi si sta spostando, e purché queste forniture non raggiungano Hamas. Qualsiasi rifornimento che raggiunga Hamas sarà ostacolato”, ha evidenziato ancora l’ufficio di Netanyahu. Biden ha inoltre annunciato “100 milioni di dollari di fondi Usa per l’assistenza umanitaria a Gaza e Cisgiordania“, che andranno a sostenere “oltre un milione di sfollati per il conflitto, comprese le necessità di emergenza a Gaza”. Ed entro questa settimana Biden chiederà al Congresso di approvare un pacchetto di aiuti per la difesa “senza precedenti” per Israele, che “deve essere un luogo sicuro per il popolo ebraico”, promettendo che gli Stati Uniti faranno “tutto ciò che è in nostro potere” affinché questo accada.

Per quanto la diplomazia americana – e non solo – sembri avere sbloccato l’impasse sugli aiuti umanitari, tra proteste pro palestinesi nel mondo arabo ed evacuazioni delle ambasciate israeliane, persiste un crescente rischio di espansione dello scontro. “Temo che siamo sull’orlo di un abisso profondo e pericoloso che potrebbe cambiare la traiettoria del conflitto, se non del Medio Oriente nel suo insieme”, ha avvertito il coordinatore speciale dell’Onu per il processo di pace in Medio Oriente, Tor Wennesland, al Consiglio di Sicurezza. “Il rischio di un’espansione di questo conflitto è reale, molto molto reale, ed estremamente pericoloso – ha aggiunto – Dallo scoppio delle attuali ostilità, è stata mia priorità assoluta lavorare per ridurre questa minaccia esistenziale“.

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