Un salto indietro di otto anni. Come allo stadio St. Denis di Parigi la sera del 13 novembre 2015, così al Re Baldovino di Bruxelles nelle scorse ore. Una partita in corso, la notizia dell’attentato nei pressi di Place Sainctelette, il terrore che piomba sugli spalti.

Questa volta lo stop alla partita dopo il primo tempo. Belgio-Svezia non finisce, si ferma. Lo chiedono i calciatori della Nazionale svedese dopo aver appreso dell’attentato nelle strade di Bruxelles costato la vita a due loro coetanei. Le squadre, rientrate negli spogliatoi all’intervallo, non faranno più rientro in campo. E per ore, almeno tre, i 35mila presenti sugli spalti restano al loro posto. Cancelli serrati.

Il sospettato dell’attentato è in fuga, ancora in giro per le strade della capitale: impossibile evacuare lo stadio prima di aver organizzato nei minimi dettagli un piano sicuro. Le forze di sicurezza belghe chiudono la fermata della metropolitana più vicina all’ex Heysel e organizzano un corridoio “bonificato”, mentre gli spettatori si fanno forza cantando “Tutti insieme” e illuminando lo stadio con le luci degli smartphone. In tanti piangono, scossi dal ritorno nel terrorismo islamico nel cuore dell’Europa.

Poco prima di mezzanotte vengono riaperti i cancelli. Si esce a scaglioni sotto l’occhio vigile della polizia che ha invitato i tifosi svedesi a togliersi le t-shirt con i colori della loro Nazionale. Il rischio, sostengono, è quello che possano essere identificati come target da Abdesalem Lassoued, il 45enne tunisino ricercato per l’attentato a colpi di kalashnikov.

Anche perché, nel video in cui ha rivendicato l’attacco, l’uomo aveva annunciato di voler raggiungere proprio lo stadio. E nel corso della bonifica della zona in vista dell’evacuazione, tra l’altro, sono state ritrovate armi “vicino” allo stadio. Al momento in ogni caso non è possibile stabilire un collegamento con la sparatoria avvenuta nei pressi di Place Sainctelette. L’evacuazione va avanti lentamente, fino a notte fonda.

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Il buco lungo tre anni della sicurezza belga: l’attentatore di Bruxelles era “radicalizzato” e illegale, ma “se ne erano perse le tracce”

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