Nel clima di dolore, angoscia, rabbia, vendetta e isteria propagandistica, che ha invaso la scena mediorientale dopo l’attacco di Hamas a Israele e la strage nel kibbutz di Kvar Aza, la Santa Sede e il mondo cattolico rimangono una spazio di razionalità e di costruttività sulla scena globale. Da quarantott’ore Israele, sottoponendo Gaza ad un embargo totale di acqua, luce, carburanti e cibo, sta commettendo un crimine rispetto al diritto internazionale. Che nulla toglie ai crimini commessi in connessione all’attacco di Hamas del 7 ottobre. Ma che non può essere cancellato come se fosse un dettaglio trascurabile.

I bambini arrostiti dalle bombe sganciate su Gaza dall’aviazione israeliana non soffrono meno di quelli massacrati in Israele dai miliziani di Hamas.

Ed è inutile fingere che tutto sia successo soltanto “ora” in base ad un disegno demoniaco. I paragoni con l’Isis, l’Olocausto, il Bataclan – per chiunque faccia una seria radiografia della situazione (che sia un diplomatico, uno storico, un agente dei servizi di intelligenze o un giornalista esperto della materia) – sono totalmente fuori luogo. Puro armamentario di propaganda.

Abu Mazen e la sua macchina burocratica corrotta in Cisgiordania sono notoriamente inefficienti ma ciò non significa che qualcuno abbia il diritto di negare ai palestinesi il loro “Stato di Palestina” a cui hanno pienamente diritto in base alle leggi internazionali e agli accordi firmati con l’assistenza dell’Occidente qualche decennio fa. Accordi sabotati dalla costante espansione di insediamenti di coloni israeliani in Cisgiordania, anche questo in flagrante violazione del diritto internazionale. Coloni spesso violenti e apertamente razzisti, come documenta la stampa israeliana.

In questo senso l’ex parlamentare e ministro cattolica Rosy Bindi ha espresso lucidamente il problema dell’attuale momento storico: “Israele potrebbe fare un esame di coscienza per quelle che è accaduto negli ultimi anni”. “Hamas è un’organizzazione terroristica, è chiaro che c’è stato un attacco terroristico – ha detto Rosy Bindi – ma uno stato democratico non può permettersi di reagire (a Gaza, togliendo luce, acqua, carburante, cibo) come sta reagendo Israele. Uno Stato democratico – ha dichiarato sugli schermi de La7 – non può usare gli stessi mezzi che usano i terroristi”.

Sull’Avvenire, giornale dei vescovi, lo storico Agostino Giovagnoli esorta a squarciare il “velo dell’ipocrisia”. Nessuna indulgenza per la brutalità di quanto è accaduto, ma è inutile non vedere che gli accordi di Oslo del 1993 (che dovevano portare alla nascita dello stato palestinese) non si sono realizzati perché “israeliani e palestinesi sono stati lasciati soli”. Ora è il momento che Europa e Stati Uniti si impegnino non per un semplice cessate il fuoco ma per costruire una architettura di pace, coinvolgendo “tutti gli attori che contano in Medio Oriente e nel mondo per garantire insieme la sicurezza di Israele e le ragioni – non di Hamas – ma dei palestinesi”.

Fa impressione che analisi così precise si debbano trovare sulle pagine del giornale dei vescovi e siano totalmente assenti nel governo italiano e nella sede della Commissione europea.

Dopo il Papa è intervenuto anche il Segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, che – dopo avere ribadito la più ferma e totale condanna per i fatti brutali di sabato scorso – invita a “recuperare il senso della ragione… ad abbandonare la logica cieca dell’odio…a rifiutare la violenza come soluzione”. Chi è attaccato ha il diritto di difendersi, sottolinea Parolin, ma anche la legittima difesa deve rispettare il “perimetro della proporzionalità”. Parole equilibrate che possono stupire soltanto perché si è innescato un clima di retorica vendicativa. E c’è da ricordare che vi sono vittime da entrambe le parti.

Ancora una volta il Vaticano si colloca in sintonia con una vasta opinione pubblica mondiale e con la maggioranza degli italiani, il 60 per cento dei quali non vogliono schierarsi. Ma non perché sono indifferenti o noncuranti dei drammi, ma semplicemente perché non vogliono seguire bandiere che da una parte e dall’altra non sono limpide. A Gaza, ricorda il cardinale Parolin, ci sono in questo momento “molte vittime civili innocenti a seguito degli attacchi dell’esercito israeliano”. La soluzione? Rimane quella di sempre.

E qui il Segretario di Stato vaticano torna a porre sul tavolo una questione che appare rimossa negli interventi di Biden, von der Leyen e della premier Meloni: “A me sembra che la maggiore giustizia possibile in Terrasanta sia la soluzione di due Stati, che permetterebbe a Palestinesi ed Israeliani di vivere fianco a fianco, in pace e sicurezza, venendo incontro alle aspirazioni di gran parte di essi”. D’altronde nessun osservatore della scena mediorientale può dimenticare che l’attuale premier Netanyahu ha costruito la sua carriera politica garantendo pubblicamente che con lui non ci sarà mai uno Stato palestinese. Chi semina vento, suonava un antico detto contadino, raccoglie tempesta.

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