[Lettera firmata]

Ora sono in pensione, in passato mi occupavo di conformità dei prodotti di investimento, assicurativi, risparmio e antiriciclaggio. A marzo ho sottoscritto un Btp Inflazione e in un primo momento i consulenti finanziari che ho interpellato, miei ex colleghi, mi hanno detto che non collocavano titoli di Stato, in un altro caso mi è stato detto che la mia ex azienda attiva il deposito titoli ma per l’investimento dovevo sbrigarmela da solo.

Come dicevo, la sottoscrizione è stata ostacolata anche a me che per tanti anni, fino a tre mesi prima, eseguivo proprio i controlli di conformità su questi prodotti. Ad un certo punto ho dovuto parlare con un responsabile e riferirgli che o mi sottoscrivevano i titoli di stato o avrei inviato un esposto a Bankit. Tra l’altro è semplicissimo, basta andare sul sito e seguire il canale online o, in alternativa, una di queste quattro procedure:

– e-mail da casella PEC o convenzionale;
– posta ordinaria;
– fax;
– consegna a mano presso una delle Filiali della Banca d’Italia.

Per esperienza posso assicurare che la Banca d’Italia non lascia gli esposti nel dimenticatoio; devono seguire un preciso iter operativo. La cosa che bisognerebbe capire, visto che Poste tenta di dirottare la sua clientela verso la sottoscrizione di Buoni Postali e polizze Poste Vita (entrambi collocati per conto di Cassa Depositi e Prestiti), è qual è la commissione che la stessa CdP riconosce a Poste come premio di intermediazione e quanto questo premio è maggiore di quello riconosciuto dal Mef a Poste per collocare i suoi Titoli di Stato. Va da sé che se il tasso di intermediazione sarà identico, verrebbe meno per qualsiasi intermediario l’incentivo a spingere la clientela su un prodotto anziché un altro e quindi anche il conflitto di interesse di cui i clienti di Poste sottoscrivono di essere a conoscenza quando acquistano polizze.

Inoltre, non è assolutamente vero che il Mef consente di sottoscrivere in Btp solo il 50% di un capitale reinvestito dal cliente, ovvero proveniente da un disinvestimento o da un investimento in scadenza; è solo argomento di una studiata e scaltra persuasione. Sugli esiti del questionario di adeguatezza, sia i Buoni (che non sono un prodotto di investimento ma risparmio), sia i Btp, sia le Polizze Ramo I sono tutti a basso rischio e generano il medesimo risultato di adeguatezza fornito sulla base dei risparmi, del contante e degli investimenti posseduti dal cliente nel suo portafoglio finanziario.

Altro fattore è dato dalla propensione al rischio del cliente sulla base dei dati previsti dalla direttiva MiFid che egli fornisce. La diversificazione del portafoglio si riferisce per lo più all’opportunità di avere percentuali di investimenti diversificate tra i rischi diversi (basso-medio-elevato) ma di investimenti appartenenti alla medesima famiglia di rischio, nel senso che sia le polizza Ramo Primo che i Buoni sono come i Btp; quindi la diversificazione semmai avviene sottoscrivendo un prodotto a rischio basso, come quelli precitati, con uno di rischio medio o rischio elevato, ma questi ultimi due con percentuali decisamente inferiori al rischio basso – a meno che non sia un cliente esperto di finanza.

Per esempio, un pensionato, un’impiegata, una casalinga ecc. possono investire 80mila euro in Btp, Buoni o Polizze, 10mila in Obbligazioni diverse dai titoli di stato e 10mila in azioni. Percentuali di rischio vicine a chi ha poca dimestichezza con tali strumenti. Al cliente si può fare una proposta di consulenza in tal modo, ma non “obbligarlo” con contorsionismi commerciali funzionali agli obiettivi dell’intermediario. Semplicemente una chiara e onesta mifizzazione.

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