L’assedio a cui è sottoposta Gaza dopo l’attacco di Hamas sta isolando la popolazione, provocando delle ore di buio nel flusso di notizie che arrivano dalla Striscia. I continui black out infatti causano grosse difficoltà a collegarsi a una rete Internet, e stanno rendendo molto complicato, se non impossibile, il lavoro dei cronisti che si trovano nella Striscia. In questo momento a nessuno è permesso l’accesso nella zona è i giornalisti gazawi che vivono lì sono tra le poche voci che riescono a fare informazione e far sapere ciò che accade. Un giornalista palestinese, di cui per tutelare la sua incolumità non sveliamo l’identità, è riuscito con fatica a inviare alcuni audio alla redazione de ilfattoquotidiano.it in cui ci spiega, scusandosi, di non essere nelle condizioni di fare il proprio lavoro. “La situazione qui è troppo difficile e dura, siamo sotto bombardamenti 24 ore su 24” racconta. “Non c’è tempo nemmeno per respirare o per contattare la famiglia. Non ho tempo per scrivere e non sono l’unico in questa situazione. Tutta la popolazione della Striscia di Gaza, 2 milioni e mezzo di persone, è troppo impegnata a tenere la testa giù per le bombe”. A causa dei continui raid aerei l’aria è densa di polvere e irrespirabile e per questo è compromessa anche la possibilità di uscire dalle proprie abitazioni o dai rifugi. Il giornalista palestinese infatti ammette di non essere in grado di verificare le notizie diffuse dall’Anp sull’utilizzo delle bombe al fosforo. “Qui non riusciamo a capire che cosa sta succedendo. Il cielo di Gaza è pieno di aerei che bombardano ovunque. In città non sentiamo il fosforo, ma non sappiamo cosa accade sul confine”.

Un contributo alla cronaca lo stanno dando i tanti fotoreporter e videomaker, alcuni molti giovani, sui social network, dove sono seguiti da migliaia di follower. Il fotografo Motaz Azaiz è uno di loro e in questi giorni sta cercando di documentare il più possibile il dramma della popolazione sotto le bombe. Sfrutta la connessione quando c’è e ma a volte non riesce a caricare contenuti e l’account rimane in silenzio per ore. Da domenica a oggi ha registrato la disperazione di chi ha perso tutto. È stato davanti agli ospedali presi letteralmente d’assalto per cercare di salvare i feriti, ma anche da chi non ha più una casa e cerca un letto sicuro. Anche le realtà umanitarie fanno fatica a mettersi in contatto con i loro operatori. Ieri, ActionAid ha diffuso la testimonianza di Samah, una delle loro operatrici umanitarie a Gaza, che si è rifugiata a casa di sua madre, insieme alla figlia di 15 anni e al figlio di 13 anni. “Non possiamo dormire di notte e non possiamo riposare di giorno. La mia famiglia ha fatto scorta di cibo e acqua prima di mettersi al riparo, con gli scaffali già quasi vuoti. Ma non possono uscire a fare rifornimenti, per paura di essere presi di mira o di essere coinvolti nei bombardamenti. Penso ai miei figli. Penso se domani saremo vivi o no”.

Attualmente oltre 400mila persone stanno vivendo senza acqua potabile e servizi igienici. Gli ospedali stanno esaurendo le scorte mediche. “Siamo solo a pochi giorni dall’inizio della crisi – ha dichiarato il direttore di ActionAid Palestina, Nadim Zaghloul. ma la portata senza precedenti delle ostilità minaccia un’emergenza umanitaria di dimensioni inimmaginabili. Chiediamo con urgenza la fine della violenza e il passaggio sicuro degli aiuti umanitari a coloro che ne hanno più bisogno”

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