Il bradisismo politico in Campania originato dallo scontro tra Vincenzo De Luca, presidente della Regione, e i vertici del Partito Democratico è giunto a livelli di guardia. Le diverse ragioni politiche pare abbiano lasciato spazio all’astio, al rancore, alla prepotenza. Un magma d’incomprensioni, accuse e diffidenze destinato a tracimare ed esplodere in una eruzione che potrebbe travolgere la stessa segretaria Elly Schlein.
Anche chi è abituato alle pirotecniche e violente esternazioni di De Luca è rimasto scosso dalla sua rabbia espressa sul palco della Festa dell’Unità di Napoli contro i ‘nuovi dirigenti’ bollati come maleducati che fanno capo alla cordata della segretaria Schlein e intendono sbarrargli la strada verso l’ambito terzo mandato da governatore. E se dalla riunione dell’Anci è emersa chiara e unanime da parte degli amministratori locali la richiesta che venga modificato il tetto dei mandati, c’è chi al Nazareno è già pronto ad alzare le barricate perché anche se passasse la riforma, bisognerebbe poi valutare l’opportunità politica delle candidature. Dettaglio che ha fatto rompere gli argini a De Luca e pronunciare parole di fuoco: “Il problema non è il terzo o il quarto o il quinto mandato, il problema è Vincenzo De Luca, un uomo libero che non ha padroni e non ha correnti che ha il triplo dei voti di quello che ha preso la Schlein”. Uno sfogo di un presidente-padrone di Regione che rappresenterebbe un esempio di buona amministrazione per l’Italia, anche se tutti i dati statistici dimostrano nettamente il contrario.
Ciò che sorprende è l’assenza di una indignazione generale per le uscite di De Luca così poco istituzionale: nessuno iscritto al Pd protesta nonostante le picconate quotidianamente di un membro del suo stesso partito. C’è chi si sta sfregando le mani e ridacchia nei segreti conciliaboli delle chat per aver fatto saltare i nervi all’ex sindaco sceriffo ormai considerato un ‘bollito politico’. La guerra è psicologica, la strategia punta a disarticolare il suo ‘sistema di potere’: offrire un’opportunità di emancipazione e protagonismo politico alle anonime seconde, terze e quarte fila che da anni attorniano il governatore.
Non è passata inosservata, infatti, il colpo di fioretto di Mario Casillo, potente capogruppo del Pd in Consiglio regionale e recordman di preferenze con 42mila voti nelle ultime elezioni del 2020, che ha detto: “La ricandidatura va legata ai risultati in Regione, non alla persona. Se i trasporti non migliorano, difficile che uno si faccia il terzo mandato”. Un avvertimento a De Luca che conserva per sé, unico presidente di Regione, la delega alla Sanità, ai Trasporti e alla Cultura. È chiaro che il ‘nuovo corso’ solo apparentemente vuole combattere i cacicchi, i signori delle tessere, i sultani, i capibastone, i figli di, ritenuti l’architrave del potere deluchiano, in realtà vuole lanciare un’Opa su quel capitale di voti. Le elezioni europee sono alle porte e la Campania potrebbe essere determinante per lo stesso futuro della segretaria Schlein.
Si vota con il proporzionale e serve una macchina del consenso collaudata. Alle ultime elezioni a Napoli, ad esempio, l’entourage del governatore ha presentato quattro liste, che hanno preso circa il 17 per cento. Il Pd si è fermato al 12. De Luca prende voti per sé e per la sua famiglia e non trasforma mai il consenso personale in un consenso al suo partito. Lo sciame sismico provocato dalle dichiarazioni di De Luca è un chiaro messaggio ai vertici del Pd: “Non accetto ricatti moralistici, né imposizioni e neppure guerre di logoramento, esigo rispetto”. In trent’anni di governo si sono alternati tanti segretari, reggenti. Tutti passati, lui è rimasto.
Anche se De Luca aveva scelto di sostenere Stefano Bonaccini alla primarie del Pd, trovarsi adesso la Schlein potrebbe essere un’occasione politica da sfruttare. Da pragmatico è consapevole che la segretaria e il suo gruppo dirigente esprime una leadership debole. Per ora De Luca resta nel perimetro del Partito Democratico ma si avvia a un’eventuale sfida autonoma. Nel frattempo ha già annunciato di voler girare l’Italia per raccontare il suo Sud scomparso dall’agenda politica del governo e, ammesso che ci sia, del Pd.
L’impressione è che De Luca da tempo abbia indossato l’elmetto e tenendo stretto tra le mani il suo libro Nonostante il Pd in uscita per Piemme il 24 ottobre sia pronto a dare battaglia: nel mirino il suo stesso partito o ex. Un saggio che già dall’incipit si annuncia esplosivo: “Al Pd parlo con il linguaggio mio, non con le parole figlie del parassitismo, delle cooptazioni, e delle miserie personali, non essendo io debitore di nulla a nessuno; anzi, avendo fatto quello che ho fatto, non grazie al partito (quale che ne fosse il nome), ma nonostante il partito, da sempre”. Appunto!