È stata fermata la centrale nucleare di Krsko, che si trova a 120 chilometri da Trieste, in territorio sloveno, ma ai confini con la Croazia. Una settimana fa era stata riscontrata una anomalia che aveva indotto i tecnici a ridurre l’attività, fino ad interromperla. Adesso la causa è stata individuata, ma servirà parecchio tempo per potere effettuare la riparazione e il riavvio. A darne notizia è la direzione dell’impianto, la Nuklearna elektrarna Krsko (Nek) Sloveni. In questo modo la Slovenia si trova priva della sua principale fonte di produzione di elettricità.

Secondo i tecnici si tratta di una micro-perdita, quindi una falla di ridotte proporzioni, che è stata riscontrata nel sistema di collegamento del circuito primario, ossia il corpo principale dell’impianto che genera il calore, poi trasferito alle turbine per la produzione di energia elettrica. Si stanno ancora accertando le cause del problema tecnico, a cui seguirà la pianificazione dell’intervento. “Tutto il processo di riparazione – hanno dichiarato gli sloveni di Nek – richiederà più tempo del previsto, probabilmente alcune settimane. Non è al momento possibile fare una previsione sul ritorno dell’impianto alla produzione”. La situazione viene seguita non solo dalle autorità nazionali slovene (Ursjv che si occupa di sicurezza nucleare), ma anche dall’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica.

Problemi di sicurezza? Nek ha spiegato che il fermo dell’impianto garantisce la sicurezza sia del personale che opera nella centrale di Krsko sia dell’ambiente esterno, considerando che le fuoriuscite sarebbe rimaste nei limiti consentiti. “La sicurezza nucleare è stata garantita sin dalle prime indicazioni di una perdita”, ha fatto sapere. Il fermo a freddo consiste nella riduzione della temperatura e della pressione del circuito primario. È stato deciso per poter effettuare l’intervento di eliminazione della causa della perdita e per garantire la sicurezza a lungo termine.

La centrale è in attività da 40 anni ed è in comproprietà tra Slovenia e Croazia, attraverso le rispettive compagnie statali. La produzione soddisfa il 20 per cento dei bisogni di Lubiana e il 15 per cento di Zagabria. L’impianto aveva previsto una vita operativa di 40 anni, ma nel 2015 è stato chiesto il prolungamento per altri 20 anni, grazie a interventi di ammodernamento. Lo spegnimento della centrale era avvenuto anche nel 2020, quando un terremoto colpì la Croazia, mentre nel 2008 si era verificata una perdita da una valvola.

“Il ministro Pichetto Fratin rassicuri le popolazioni interessate, se può, dopo il guasto alla centrale nucleare di Krsko, in Slovenia, uno dei maggiori rischi per la sicurezza dell’intera Italia settentrionale, dell’Austria meridionale e in particolare della Carinzia, della Slovenia e della Croazia. La centrale doveva essere dismessa in base ad accordi europei poi sospesi per la guerra in Ucraina”. Così commenta Luana Zanella, capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera. In una interrogazione al ministro dell’Ambiente ricorda come “una commissione internazionale, nominata su pressione di Austria ed Italia per verificare gli standard della centrale, già nel 1993 aveva espresso 74 raccomandazioni sui cambiamenti tecnici e procedurali necessari per adeguare l’impianto alla normativa dell’Unione europea. Inoltre l’impianto è stato costruito in una zona ad alta sismicità e costituisce una continua minaccia. Ora vogliamo sapere come stanno le cose dal nostro governo”.

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