Perdere il posto in università per tenere fede ai propri principi e lasciare una minore impronta carbonica sul pianeta. È quanto rischia Gianluca Grimalda, economista bocconiano e scienziato del clima, minacciato di licenziamento dal Kiel Institute for World Economy dove lavora perché si è rifiutato di prendere un aereo per tornare nel suo ufficio in Germania. Il ricercatore milanese si trovava a Bougainville, territorio della Papua Nuova Guinea nell’arcipelago delle isole Salomone, dove ha condotto mesi di ricerca sull’impatto del collasso climatico sulla popolazione locale. Sarebbe dovuto rientrare in Germania alla conclusione del suo progetto, il 10 settembre, ma ha dovuto rimandare la partenza a causa di un rapimento e di un successivo attentato avvenuto a Bougainville.

A seguito del ritardo il ricercatore, che è anche attivista di Scientist Rebellion, il segmento accademico del movimento ambientalista Extinction Rebellion, ha ricevuto un primo ammonimento da parte dell’università, con invito a presentarsi immediatamente nella sede tedesca. A questo punto Grimalda ha annunciato al presidente dell’Istituto che sarebbe tornato, sì, ma senza prendere un aereo, come già aveva fatto per il viaggio di andata. Come sostenitore della lotta al cambiamento climatico e attivista militante per la causa ambientalista, Grimalda ha infatti deciso dieci anni fa di non prendere aerei per i suoi spostamenti “a meno che non ci siano altre alternative”. Durante il suo viaggio vero le isole Salomone ha impiegato due mesi per percorrere 39mila chilometri via terra e mare riducendo di 6,7 tonnellate la sua impronta carbonica. Lo scienziato ha documentato il suo percorso sui profili social, per sensibilizzare il pubblico sulla relazione tra viaggi in aereo e inquinamento. Per il ritorno verso l’Europa, conta di prendere treni, bus, traghetti e navi mercantili impiegando almeno 50 giorni prima di arrivare a Kiel. “Il viaggio aereo è il modo più veloce per bruciare combustibili fossili, quindi il modo più veloce per camminare verso la catastrofe” ha scritto lo scienziato su X.

E sempre sui social lo scienziato si è riversato quando è arrivato l’ultimatum del Kiel Institute, che lo ha intimato di presentarsi entro un paio di giorni alla sua scrivania in Germania, pena la perdita del posto di lavoro. Un atteggiamento che secondo quanto ha dichiarato Grimalda a diverse testate, sarebbe da interpretare come un accanimento contro le sue attività da militante del clima. “Forse vogliono cogliere un’occasione. Mi sa che si sono legati al dito le volte che ho fatto disobbedienza civile, in particolare quando, assieme ad altri attivisti, abbiamo occupato la Volkswagen al padiglione Porsche, azienda sponsor dell’università”, ha detto Gramaldi intervistato da Fanpage. Lo scienziato sottolinea inoltre come durante il viaggio di andata verso il Paese oggetto della sua ricerca si fosse messo in congedo non pagato, così da togliere ogni responsabilità legale all’ateneo nel caso gli fosse successo qualcosa. Abituato a lavorare da remoto e in condizioni eccezionali, il ricercatore ha detto di essere stupito dalla scarsa comprensione ricevuta dall’università. “Non mi hanno dato nessuna motivazione sul perché io debba tornare a Kiel, quando lavoro in università sono spesso chiuso nel mio ufficio, da solo”, ha detto nell’intervista.

Al momento il licenziamento del ricercatore non è ufficiale e il suo percorso verso l’Occidente continua, mentre racconta ai suoi followers il modo per “invertire la rotta, per non dire addio al nostro mondo come l’abbiamo conosciuto”. Tra di loro, diversi attivisti del movimento Fridays for Future, e la stessa Greta Tunberg.

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