Studenti e insegnanti in corteo per la “Resistenza climatica”. Il nome dato alla manifestazione è anche l’obiettivo con cui torna lo sciopero per il clima dei Fridays for Future, con più di quaranta piazze coinvolte solo in Italia. Un evento nazionale alla quale aderiscono anche diverse organizzazioni, mentre gli attivisti invitano tutta la scuola, a iniziare dagli insegnanti. In un momento, tra l’altro, delicato. Perché, mentre l’Italia continua a investire sui combustibili fossili “prima causa dell’aumento delle temperature e, di conseguenza, dei fenomeni climatici estremi”, il movimento segnala come “si siano inasprite le misure repressive nei confronti di chi oggi manifesta pacificamente e resiste praticando la disobbedienza civile”. Sul sito dei Fridays For Future si richiama anche l’appello del Sindacato indipendente scuola e ambiente. Anche il Sisa ha indetto lo sciopero: “Significa che tutte le persone che lavorano nel comparto della scuola possono scioperare”. “L’appello dei Friday For Future è rivolto a tutti quelli che lavorano nel campo della formazione” ribadisce a ilfattoquotidiano.it Emanuele Genovese, responsabile della Comunicazione del movimento. “Ed è quello di scendere in piazza – aggiunge – ma anche di collaborare con i vari gruppi che sono presenti in tutta Italia, in modo da fare quei passi necessari per ottenere risultati concreti”. Ma come è cambiato l’approccio della scuola ai temi legati alla crisi climatica, alla luce delle manifestazioni e dell’interesse sempre maggiore da parte degli studenti? Un quadro di luci e ombre. A iniziare dai programmi scolastici e universitari. Sono passati circa quattro anni da quando a novembre 2019, l’ex ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti, annunciò che dal 2020 l’Italia sarebbe stato il primo Paese a insegnare nelle scuole cosa sono riscaldamento globale e crisi climatica, con 33 ore di lezione all’anno, circa una a settimana. Quello stesso anno, a marzo, si era tenuto il primo sciopero globale per il clima. Qualcosa in questi anni si è mosso, ma siamo molto lontani dalla promessa.

I cortei nelle principali città – Anche per questo si scende in piazza. A Roma, il corteo partirà alle 9.30, da Piazza della Repubblica. A Torino appuntamento in piazza Statuto, a Milano in Largo Cairoli. Ma sono tantissime le città attraversate dai cortei, come Napoli, Padova, Palermo, Ancona, Bari, Bergamo, Bologna, Catania, Cagliari, Genova, Lecce, Taranto. Fridays For Future Italia “invita tutte le associazioni, i sindacati e i movimenti ad aderire e a partecipare attivamente allo sciopero in ogni città”.

Gli appelli per la partecipazione dei docenti (e non solo) – “È importante farsi sentire e mostrare che docenti e allievi possono collaborare anche al di fuori dell’ambiente scolastico” scrive il Sisa. E lancia un chiaro messaggio: “Parla con i tuoi insegnanti dello sciopero, chiedi loro di venire in piazza e ricorda che insieme possiamo fare la differenza”. Come spiega a ilfattoquotidiano.it Davide Rossi, segretario generale del sindacato, oltre che storico e insegnate, “i professori sono parte di quella comunità educante che unisce docenti e studenti in un luogo, scuola ma anche università, che dovrebbe non trasmettere ma costruire i saperi. Siamo parte dello stesso mondo e insieme dobbiamo riflettere sulla scuola stessa, sul tempo presente e sulle questioni ambientali”. “Molto ancora si può fare dal punto di vista del sostegno dei docenti alle lotte degli studenti” commenta Genovese. Nel frattempo, in piazza ci sarà anche il collettivo ‘Teachers For Future Italia’, rete nazionale di insegnanti, educatori, dirigenti scolastici e rettori, professori e ricercatori che aderiscono al ‘Manifesto degli Insegnanti per il Futuro’ pubblicato in occasione del primo sciopero globale per il clima nel 2019. Una rete che vuole affiancare e sostenere gli studenti che si mobilitano per chiedere un efficace contrasto ai cambiamenti climatici.

Quale educazione ambientale – Ma la scuola è anche ciò che insegna. Si parlava di introdurre l’educazione ambientale nelle scuole già nel 2015 e, ancora prima di Fioravanti, ci hanno lavorato il precedente ministro, Marco Bussetti e lo stesso ex ministro dell’Ambiente, Sergio Costa. Alla fine – pur essendo obbligatoria – non è mai diventata una materia a sé con ore prestabilite e docenti ad hoc, anche se i libri di testo e le lezioni si sono sempre più arricchite di pagine e approfondimenti legati alle tematiche ambientali. Dall’anno scolastico 2020/2021, poi, nelle scuole di ogni ordine e grado, è prevista all’interno dell’insegnamento di Educazione civica, a cui devono essere dedicate 33 ore (complessive però), sempre in modo trasversale rispetto alle altre materie. Il problema è che, ministro dopo ministro, i temi da affrontare in queste ore si sono aumentati sempre di più. Ad oggi sono tre i pilastri (introdotti dalla ministra Lucia Azzolina): Costituzione, Sviluppo Sostenibile e Cittadinanza digitale. Con le nuove linee guida, che però sul sito non sono ancora consultabili, pare che l’attuale ministro, Giuseppe Valditara, possano includere una serie di altri temi, dalla sicurezza alimentare a quella stradale, dal bullismo alla violenza. Tutte opportune, ma ci si domanda quanto spazio verrà alla fine concesso all’educazione ambientale annunciata ormai qualche anno fa.

I cambiamenti climatici a scuola e in università – “Il problema, però, è che anche oggi quelle poche ore non le fa quasi nessuno – commenta Genovese – perché non è stata prevista un’adeguata formazione rivolta al corpo docente e perché i programmi non sono stati ripensati in base a questa novità”. E se alla fine dell’anno non c’è tempo, tra mille argomenti e gli impegni burocratici, a qualcosa bisognerà pur rinunciare. “Questi insegnamenti, inoltre, sono spesso delegati agli insegnanti che, si presuppone, conoscano a grandi linee il fenomeno – aggiunge Genovese – mentre tutta la parte che riguarda gli effetti dei cambiamenti climatici sulla società viene affrontata solo in casi più unici che rari”. Un tema che non esaurisce con la scuola dell’obbligo, tant’è che la promozione e la qualità dei corsi sui cambiamenti climatici all’interno degli atenei italiani è uno dei punti critici contestati con la mobilitazione End Fossil, con la quale si denuncia anche l’ingerenza dell’industria dei combustibili fossili nelle università. Docenti in piazza con gli studenti, nonostante tutto? I Fridays For Future hanno lanciato il loro appello, magari pensando a quei docenti universitari che, contestando apertamente accordi siglati tra atenei e compagnie dell’oil&gas, sono già scesi in campo accanto agli studenti.

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