“Non abbiamo alcun elemento per trarre conclusioni sul guardrail, per questo ci serve una perizia“. Lo ha detto il Procuratore capo di Venezia Bruno Cherchi, riferendosi al varco di servizio – circa un metro e mezzo – presente lungo il guardrail sfondato dal pullman precipitato a Mestre. Quel buco è stato citato in più ricostruzioni della stampa sulle cause dell’incidente del pullman a Mestre, nel quale hanno perso la vita 21 persone. Mentre l’indagine si concentra anche sullo stato della struttura: dalle immagini si nota come sia il guard rail che il parapetto del cavalcavia Vempa siano arrugginiti. L’assessore comunale ai trasporti del Comune di Venezia Renato Boraso ha spiegato che erano già in fase di progetto i lavori di rinnovamento, che prevedevano – come rivelato dal Fatto Quotidiano – anche l’installazione di “barriere omologate”. Per il procuratore Cherchi non risulta che qualcuno abbia definito “marcia quella barriera”. Ma il magistrato aggiunge: “Sul guardrail faremo tutte le attività del caso, iniziando da una consulenza tecnica, appena avremo trovato il soggetto idoneo per farla. Servono conoscenze tecniche, non giuridiche. Per ora non abbiamo acquisito documenti sulla rampa dal Comune”.

L’autobus è precipitato, ma “non è caduto perché ‘c’era un buco’ di un metro e mezzo nel guardrail. Quel buco è un varco di sicurezza, di servizio, previsto dal progetto originario del manufatto“, ha dichiarato l’assessore Boraso, bollando come “inaccettabili” le ricostruzioni della stampa. “L’autobus – ha aggiunto – è caduto 50 metri dopo il varco, dopo aver strisciato sul guardarail, senza segno di frenata o contro-sterzata. O vogliamo dire che senza il ‘buco’, la barriera avrebbe tenuto un mezzo in corsa, che sbanda, di 13 tonnellate?”. Poi ricostruisce la dinamica dei fatti in base al video dell’incidente, ripreso dalle telecamere. Le immagini, ha proseguito, “mostrano chiaramente che il pullman sale sul cavalcavia e si ‘appoggia’ al guardrail, che tiene inizialmente, e poi striscia per 50 metri, senza controllo, sulla barriera, fino a precipitare. Ma non è caduto perché c’era quel varco”. L’assessore ha poi sottolineato come il cavalcavia “non l’ha fatto il Comune di Venezia, lo ha ereditato, e noi da un mese stiamo rifacendo quelle strutture, con un nuovo guardrail e un nuovo parapetto”. “Quel varco di un metro e mezzo – ha ricordato Boraso – era previsto dal progetto di allora, degli anni ’60, ed era a norma. È uno spazio di sicurezza, previsto per le manutenzioni o per far accedere i soccorritori in caso di necessità. Sono pronto a tutelare in ogni sede il nome del Comune di Venezia, dei miei collaboratori, contro illazioni che ritengo vergognose”.

Intanto nel fascicolo di inchiesta aperto dalla Procura di Venezia c’è l’ipotesi di omicidio stradale plurimo, per il momento senza indagati. Sono due le ipotesi principali al vaglio della magistratura sulle cause della tragedia: una manovra azzardata, con l’affiancamento ad un altro bus e un guardrail vecchio; oppure, sommato a questo, un malore dell’autista che non è riuscito a controllare il mezzo. “Non ci sono allo stato indagati – ha confermato il Procuratore Bruno Cherchi – mentre il guardrail, la zona di caduta del bus e lo stesso mezzo sono stati posti sotto sequestro”. E’ stata anche acquisita la ‘scatola nera’ del mezzo “che sarà esaminata – ha spiegato Cherchi – solo quando si saprà che non è un’operazione irripetibile. Altrimenti aspetteremo lo sviluppo dell’inchiesta, affinché tutte le parti coinvolte possano avere le perizie”.

E mentre i colleghi dell’autista deceduto, Alberto Rizzotto, 40 anni, piangono il compagno di lavoro, che definiscono “un conducente esperto” (lavorava sui pullman da 7 anni), le indagini si concentrano sull’analisi di un video ripreso nei momenti dello schianto alla ‘Smart control room’ del Comune di Venezia. La telecamera è puntata alla base della rampa che da Mestre porta a Venezia, e ritrae la sommità del cavalcavia, nel tratto in discesa verso la bretella per l’autostrada A4. Si nota il bus affiancarne un altro, presumibilmente fermo al semaforo che immette a sinistra, verso Marghera, e che ha la freccia inserita. Subito dopo si nota il mezzo piegarsi e cadere, mentre l’altro pullman aziona improvvisamente lo stop. Non si intravvedono altri veicoli davanti.’ Anche qui è stato il capo della Procura veneziana a sgombrare le ombre su una eventuale compartecipazione di altri veicoli al disastro. “Non ci sono segni di frenata, nè contatti con altri mezzi” ha scandito il magistrato. La dinamica dell’incidente “vede il bus toccare e scivolare lungo il guardrail per un cinquantina di metri, e infine, con un’ulteriore spinta a destra, precipitare al suolo”. L’altro autobus affiancato dal pullman sul cavalcavia, quindi, non ha una parte attiva nell’incidente. Ma è stato proprio l’autista di questo secondo mezzo il primo a cercare di prestare i soccorsi. Nel dare l’allarme ha anche lanciato un suo estintore verso il mezzo precipitato, da cui si sprigionavano le fiamme. Proprio le testimonianze escludono che il bus precipitato andasse veloce. “I testimoni – ha sottolineato Cherchi – hanno detto che andava piano, il tratto stradale prima è in salita e comunque, oggettivamente, non permette alte velocità”.

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