“Dobbiamo arrivare ad un’intesa, esiste una maggioranza qualificata, dobbiamo poi verificare che i Paesi applichino il Patto. E’ importante che i diritti dei richiedenti asilo siano rispettati, noi siamo a favore di un allargamento delle eccezioni a beneficio di famiglie e minori. In attesa del negoziato noi accettiamo la proposta di compromesso della presidenza spagnola”. Lo ha detto la ministra dell’Interno Nancy Feaser in sessione pubblica al Consiglio Affari Interni del 28 settembre a Bruxelles. Il testo sul quale era approdato il negoziato a luglio non aveva convinto la Germania che aveva annunciato l’astensione in attesa di ottenere garanzie. “Ad esempio, i Paesi” che chiedono l’attivazione dello stato d’emergenza “devono anche garantire di aver sfruttato appieno le misure normali“, ed “è importante che l’Ue decida” su una richiesta di crisi “a maggioranza qualificata”, aveva ribadito la stessa Feasar al suo arrivo a Bruxelles.

L’appoggio tedesco, al quale potrebbe accodarsi anche quello olandese, blinderebbe l’intesa con una maggioranza qualificata. E darebbe finalmente il via ai triloghi di confronto tra Consiglio, Commissione e Parlamento Ue che poi dovrà votare il testo finale. A meno di nuovi intoppi: “Roma chiede tempo, c’è il rischio di un nuovo rinvio sui migranti”, riferiscono fonti Ue alle agenzie dopo che il ministro dell’Interno italiano, Matteo Piantedosi ha lasciato in anticipo il vertice senza parlare pubblicamente né rilasciare dichiarazioni all’esterno. La ragione potrebbe essere una norma sulle ong, già al centro delle polemiche tra Roma e Berlino. L’articolo vorrebbe impedire la “strumentalizzazione” del lavoro delle organizzazioni umanitarie nel Mediterraneo. A confermare è il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani: “Il ministro dell’Interno sta valutando. L’Italia non ha detto no, abbiamo chiesto tempo per esaminarla”.

“La notizia di sette navi di ong, alcune battenti bandiera tedesca, altre no, che vanno verso Lampedusa conferma la nostra preoccupazione e la nostra analisi, e quello che ho detto oggi al ministro Baerbock”, dirà poi in serata lo stesso Tajani aggiungendo: “Mi pare veramente strano, preoccupante. Nel giorno in cui si fa una proposta si fanno arrivare tutte queste navi. E’ una coincidenza? Cosa c’è dietro? C’è un interesse elettorale? Di altro tipo? Non può essere, è una cosa che non funziona. Qualcuno forse vuole impedire che ci sia un accordo? C’è veramente molto stupore”.

Torna dunque in stallo il negoziato già rinviato durante l’estate per le divergenze sul cosiddetto regolamento crisi, che in caso di particolare pressione migratoria su uno o più Paesi Ue definisce gli oneri da condividere ma anche l’applicazione di particolari procedure accelerate di frontiera per l’esame delle domande d’asilo, col rischio di ridurre le tutele per i migranti che chiedono protezione. “Per noi è importante che, in caso di crisi o di strumentalizzazione dei migranti, si garantisca che gli standard” relativi all’asilo “non siano abbassati”, ha detto la ministra Faeser, che avrebbe ricevuto l’ordine di non astenersi sul dossier direttamente dal cancelliere tedesco Olaf Scholz, che si sarebbe imposto in gabinetto di governo per assicurare il via libera della Germania, superando anche le reticenze dei Verdi, tuttora scettici sulle garanzie inserite nella proposta della presidenza spagnola.

Decisamente contrari all’accordo e alla prassi della maggioranza qualificata gli alleati storici della maggioranza di governo italiana, a cominciare da Polonia e Ungheria, che insieme ad Austria e Repubblica Ceca avevano già respinto il testo. Il regolamento per la gestione delle crisi del Patto Ue per la migrazione “aprirà più porte e consentirà a più migranti irregolari di entrare nell’Ue, funzionerebbe come una calamita. Non possiamo accettarlo, perché significa che saranno i trafficanti ad avere le decisioni nelle loro mani”, ha detto il ministro delegato per gli Interni ungherese, Bence Retvari, facendo eco al premier Viktor Orban che aveva parlato di “idea folle” e di “patto fallito”. “Il regolamento sulla crisi non risponde a tutte le domande che ci sono poste dal fenomeno”, ha dichiarato, sempre durante la sessione pubblica del Consiglio, il sottosegretario di Stato polacco Bartosz Grodecki. “Dobbiamo sicuramente concludere il Patto in questa legislatura ma non credo che li risolveremo in questo modo”.

La notizia dell’ok di Berlino arriva dopo che l’Italia si era lamentata per i fondi tedeschi a alcune ong che operano nel Mediterraneo. A farlo era stata direttamente Giorgia Meloni con una lettera a Scholz che tuttavia si è limitato a promettere una risposta non senza anticipare che “l’Italia è al corrente della cosa da novembre”. L’accordo politico in Consiglio segue anche l’incontro a Roma tra Giorgia Meloni e Emmanuel Macron, rivali fin dall’esordio del governo italiano. Ma dopo il colloquio è stato l’Eliseo a felicitarsi, perché “dall’ultima crisi di Lampedusa Meloni si gioca ormai la carta del sostegno europeo”, ha spiegato Parigi in una nota, aggiungendo che i due Paesi andranno a promuovere una posizione comune a Malta dove il 29 settembre a La Valletta si terrà il prossimo vertice Med 9 che riunisce anche Spagna, Portogallo, Grecia, Cipro, Malta e gli ultimi arrivati, Slovenia e Croazia. Partner ai quali Meloni ha scritto per ribadire che che la questione migratoria è una priorità per l’Italia, che apprezza gli sviluppi positivi dopo la visita a Lampedusa con Ursula von der Leyen e il piano in dieci punti annunciato dalla presidente della Commissione. Ma l’Italia sembra rimanere concentrata sulla difesa dei confini e sul tentativo di bloccare le partenze dal Nord Africa.

Il ministro dell’Interno Piantedosi non ha parlato durante le sessioni pubbliche dell’incontro, né ha rilasciato dichiarazioni uscendo dal Consiglio, che ha lasciato prima del termine per volare a Palermo dove erano fissati due incontri bilaterali con i ministri dell’Interno di Libia e Tunisia, sempre sul tema con l’obiettivo di frenare le partenze di migranti. Del resto l’accordo sul Patto Ue non cambierebbe molto le cose per il nostro Paese. Il regolamento di Dublino viene mantenuto, anzi, per i Paesi di primo ingresso come il nostro i tempi della competenza sull’esame delle domande d’asilo si allunga da 12 a 24 mesi. Né si perverrà a una vera e propria redistribuzione tra Paesi Ue, nemmeno per i momenti di crisi, perché l’accoglienza di quote di richiedenti non è obbligatoria e può essere evitata versando un contributo alla causa per finanziare i costi sostenuti dai Paesi più esposti. Chiare in tal senso le parole del ministro danese dell’Immigrazione e Integrazione Kaare Dubvad Bek. “Non abbiamo bisogno di andare verso ulteriori aperture nel testo, spingere verso una direzione ancora più aperta potrebbe creare problemi”, ha detto a margine dell’incontro, dicendosi comunque “ottimista” sulla possibilità di un’intesa politica.

Da definire rimane poi anche la questione dei cosiddetti Paesi terzi “sicuri”. Sul concetto non esiste ancora un accordo. Le conclusioni dello scorso Consiglio Affari Interni riunito a Lussembugo l’8 giugno sono state annunciate come una vittoria del governo Meloni, ma a partire dalle posizione di Berlino l’esito è tutt’altro che scontato e la famosa legge “Cutro” introdotta dall’Italia potrebbe rimanere con le spalle scoperte. Non ultimo, l’idea rilanciata dal governo italiano, e sostenuta in particolare da Piantedosi, di una nuova missione navale europea nel Mediterraneo Centrale per tentare di ridurre i flussi dal Nordafrica, al momento non ci sono stati confronti, ha spiegato una fonte all’agenzia Adnkronos. “Ci sono già state operazioni navali nel passato, come Sophia, voluta dall’allora Alta Rappresentante Federica Mogherini. Missione che venne ‘terminata’ per volontà del primo governo Conte, che la riteneva una fonte di arrivi di migranti irregolari salvati in mare”, ha ricordato.

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