Il 13 maggio 2013, Antimafia 2000 pubblicava un mio post, proprio sulle intercettazioni. Ecco uno stralcio: “Non so se ridere o piangere: ci risiamo. Il PDL suona due volte, ossia torna alla carica sulle intercettazioni e dimostra, semmai ce ne fosse ancora bisogno, che le intercettazioni rappresentano una vera fobia. Sono anni che il signor B non dorme sogni tranquilli e ad ogni piè sospinto si inalbera per le intercettazioni. E basta! Non credete di essere ripetitivi sino alla noia? Toglietevelo dalla zucca e dunque fatevene una ragione, giù le mani dalle intercettazioni”.

Il 3 aprile di due anni dopo, nel 2015, sempre in tema di intercettazioni, riportai sul giornale La Voce di New York una dichiarazione davvero singolare da parte di un senatore: “…il primo aprile l’intervento al Senato del senatore Giacomo Calendo di Forza Italia, che ha affermato ‘La lotta alla mafia l’abbiamo fatta senza intercettazioni… Falcone ha fatto grandi processi alla mafia seguendo il percorso del denaro e non con le intercettazioni’. Se lo dice lui, si vede che è in possesso di notizie diverse dalle mie, mah!”.

Oggi, che siamo nella terza decade del mese di settembre del 2023, sono costretto, ahimè, a parlare di nuovo di intercettazioni. Confesso di essere stanco: stanchezza forse dovuta all’età avanzata. Vorrei smettere di leggere i giornali, di ascoltare i media e chiudermi in un eremo. La cosa che più mi rattrista – volgendo lo sguardo al passato – è che i nostri martiri della violenza mafiosa sono morti inutilmente. Tutto questo scalpitare di alcuni politici e persino da Nordio nel voler modificare le intercettazioni non è altro che il raggiungimento del sogno di numerosi politici e segnatamente del fu Silvio Berlusconi: ovvero la drastica limitazione delle intercettazioni verso i colletti banchi e la Pa.

Non voglio tediarvi sui motivi che danno luogo al progetto di modifica, sono talmente lapalissiani che anche un picciriddu lo capisce. La ritrosia sulle intercettazioni, a mio modo di vedere, non nasce sull’uso, ma sul suo ridimensionamento e modifica per consentire ampi spazi di impunità: la privacy non c’entra affatto.

Ho letto quel che sarà il decreto legge, laddove si vorrebbe affidare alla polizia giudiziaria la responsabilità di decidere se una conversazione sia o meno attinente, ossia rilevante/irrilevante per le indagini. Ma ci si rende conto di cosa potrebbe succedere se date quest’ampia responsabilità alla polizia giudiziaria? Non credo che ci sia bisogno di esplicitarlo, basta riflettere un anticchia (un poco).

Coloro che stanno facendo di tutto per modificare la norma non sono mai entrati in una sala di intercettazione: non capiscono o non vogliono capire – compreso il ministro Nordio – che se passasse l’annunciata modifica ci troveremmo di fronte a degli errori madornali, non solo in danno dell’accusa ma anche nei confronti della difesa. Sto esagerando? Chi vivrà vedrà!

Leggo dai giornali il riferimento alle intercettazioni a strascico. Anche questa affermazione è fuffa. Affermo senza tema di essere smentito che ogni intercettazione ha una vita a sé, e che solo l’esperienza, la perspicacia e la professionalità dell’operatore di polizia giudiziaria può carpire quel che si cela durante una conversazione apparentemente normale e, quindi, classificarla. Il voler mettere paletti temporali o bastoni tra le ruote, oltre a quelli già esistenti, costituirà grave danno alle investigazioni.

Ma non bisogna essere un esperto di intercettazioni per capire il fine ultimo di una modifica così come viene sbandierata. Si ritorna alla genesi: l’impunità dell’intoccabile casta, che pretende di non far scoperchiare le pentole del malaffare nella PA.

Comunque, per far comprendere meglio il mondo dell’intercettazione, cito un’indagine da me condotta su un presunto traffico internazionale di armi da guerra. Ebbene all’inizio, dai dialoghi intercettati, non si ravvisava alcunché di illecito. Passavano giorni e giorni e non emergeva nulla che potesse confutare i nostri sospetti e quindi stavamo per mollare. Ma ad un tratto gli interlocutori si tradirono facendo riferimento a numeri e quantità di un catalogo, senza tuttavia citare armi. E fu così che nel prosieguo delle intercettazioni – peraltro ampliate con altre utenze – scoprimmo un vasto traffico di armi da guerra – missili, carri armati, mine marine e bombe a grappolo – tra l’Italia e Saddam Hussein.

In quella inchiesta, intercettai alcune telefonate di una nota donna politica, che nulla avevano a che vedere con le indagini in corso: vergai sul brogliaccio “non pertinente” e nessuno, tranne il pm, seppe di quelle telefonate. Concludo dicendo che mai mi sarei aspettato che un ex magistrato perorasse un siffatto cambiamento sulle modalità di intercettazione. Avrei preferito un’attenzione diversa, soprattutto per quei reati contro la Pubblica Amministrazione. Pazienza! Mi auguro che l’annunciata modifica venga respinta dal Parlamento.

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