Un mese. In cui è successo di tutto. Il 25 agosto si diffuse la notizia delle violenze sessuali di gruppo subite da due cugine di 10 e 12 anni all’interno del Parco Verde di Caivano, il 26 settembre sono arrivati i primi arresti, con le nove misure di custodia cautelare emesse nei confronti di sette minorenni e due maggiorenni: si tratta di tre ragazzi di 14 anni, 15 e due di 16 anni, mentre il settimo indagato ha compiuto 18 anni dopo i fatti contestati e per questo, se dovesse andare a giudizio, dovrà comunque comparire davanti a un giudice del tribunale per i minorenni. Nel mezzo l’Italia ha scoperto nuovamente di dover fare i conti con una terra di nessuno, dimenticata, dove solo la chiesa di don Maurizio Patriciello rappresenta l’argine alla barbarie. Non sono mancate promesse e passerelle. La premier Giorgia Meloni si è presentata tra i casermoni del comune a nord di Napoli, ha assicurato una risposta dura dello stato, ha firmato un decreto legge che porta il nome di questo paese di 35mila abitanti che tutti ormai identificano, sbagliando, con il Parco Verde. Ora ci sono i primi arresti.

Come nasce e si sviluppa l’inchiesta – L’indagine è nata “dalle denunce presentate dal padre di una delle piccole e dalla madre dell’altra” hanno raccontato gli inquirenti in conferenza stampa. I due genitori hanno riferito ai Carabinieri “delle violenze che le figlie avrebbero subito nei due mesi precedenti e del timore di una possibile diffusione di video riproducenti gli abusi“. Da qui è partita l’attività investigativa: in primo luogo sono state ascoltate le giovanissime vittime. Subito dopo, la Procura minorile (che indaga sulla vicenda insieme alla Procura di Napoli nord) ha delegato ai servizi sociali la verifica urgente delle condizioni familiari delle bambine, “ai fini della loro messa in protezione”. Le piccole sono state quindi nuovamente ascoltate e in questa fase avrebbero consentito di individuare in foto i presunti autori degli abusi, indicando in maniera precisa i ruoli che ciascuno degli indagati aveva assunto. “Durante le attività di indagine, tuttora in corso di approfondimento – hanno sottolineato gli inquirenti – è stata acquisita documentazione sanitaria, fatti sopralluoghi e sequestrati i telefoni cellulari in uso agli indagati, successivamente sottoposti ad analisi”. E così le indagini hanno consentito di acquisire “elementi univoci di riscontro alle dichiarazioni delle minorenni, essendo stati peraltro rinvenuti dei video riproducenti alcuni episodi di abusi sessuali descritti dalle vittime”. Le due procure hanno quindi chiesto ai rispettivi gip, che le hanno disposte, le nove misure cautelari: sei minorenni sono stati trasferiti in un Istituto penale minorile, uno in comunità e i due maggiorenni in carcere. Secondo le procure, “l’esecuzione delle misure cautelari disposte dai Gip costituisce una conferma della validità indiziaria degli elementi acquisiti sino a questo momento, i cui esiti verranno corroborati da ulteriori attività in corso di esecuzione. La tempestività della risposta giudiziaria – è stato aggiunto – è frutto dell’efficace interazione fra i due Uffici giudiziari e dell’operoso impegno investigativo della Compagnia Carabinieri di Caivano e della locale Stazione che hanno lavorato senza sosta insieme agli inquirenti per ricostruire le vicende”.

“La violenza sessuale con la minaccia di un bastone” – Restano le accuse. E la dinamica dell’inconcepibile. Le due cuginette di 10 e 12 anni, secondo la ricostruzione degli inquirenti, furono portate all’interno di un centro sportivo abbandonato, il Delphinia, dove sono ora iniziati lavori di ristrutturazione per il suo completamento entro la primavera del 2024. Furono violentate da un gruppo di giovani. Ma quello sarebbe stato solo uno degli episodi di violenza, che si sarebbero ripetuti a lungo nel tempo. Come quando uno degli indagati, dopo aver chiesto a una delle vittime su Instagram di fidanzarsi con lui, l’ha costretta a subire rapporti sessuali sotto la minaccia di un bastone, sempre in un locale abbandonato di Caivano. Alla svolta odierna si è arrivati anche dopo il sequestro di diversi telefonini degli indagati. All’interno del cellulare di un parente di una delle vittime, ad esempio, gli inquirenti avrebbero trovato anche delle prove video, da cui sono partite la denuncia e le indagini che hanno portato alla svolta di oggi.

Don Patriciello: “Primo segnale importante” – “È un primo segnale importante“. Solo poche parole quelle di don Maurizio Patriciello per commentare gli arresti, pronunciate durante la visita che il prete anti clan sta effettuando, insieme al prefetto di Napoli Claudio Palomba e al questore Maurizio Agricola, presso il Villaggio della legalità che è stato allestito dalla polizia lungo viale Margherita, all’interno del Parco Verde. Lungo lo stesso viale ci sono centinaia di studenti delle scolaresche del comprensorio (l’arrivo è previsto a scaglioni) mentre le altre strade del quartiere sono quasi vuote. “In questo mese abbiamo visto cose che non si sono mai viste in Italia. Questo a mio avviso” ha continuato il prete. Che poi ha aggiunto: “Io il 25 agosto ho scritto un messaggino alla Meloni. E nel giro di pochi giorni è venuta lei da noi, con tre ministri, due sottosegretari, il capo della polizia e ha fatto delle promesse che mi pare stia mantenendo”. Nelle parole di don Patriciello non mancano accuse: “Poi arriva il solito sapientone che dice che la repressione non basta – ha ripreso il prete anti clan – e chi mai ha detto il contrario. Se il Parco Verde è stata una delle più grandi piazze di spaccio d’Europa, la repressione serve. Ma poi – ha concluso – occorrono anche gli insegnanti, i servizi sociali: il numero degli assistenti sociali è così esiguo, come quello dei vigili urbani”. Don Patriciello ha poi detto “che nessuno ha la bacchetta magica anche perché questo quartiere è stato abbandonato per trenta anni”.

Famiglie delle vittime: “Le luci qui non vanno più spente” – Tornando agli arresti, anche i familiari di una delle bambine abusate, tramite i loro legali, hanno espresso subito “soddisfazione per l’impegno e la prima risposta della magistratura alla denuncia delle vittime”. Non solo. Hanno chiesto ora “di tutelare e salvare le loro famiglie e soprattutto la madre dei bambini, già messi in sicurezza”. I legali, che hanno parlato di un “sistema infernale e criminale delle periferie dove ora le luci non vanno più spente”, hanno auspicato che vengano “ricongiunti al più presto bambine e genitori in un ambiente sano lontano da Caivano” e che vengano messe in atto tutte le misure necessarie “a prevenire altri orrori e tutelare tutti i bambini”. Proprio su questo aspetto, nella giornata di ieri 25 settembre la premier Giorgia Meloni ha ricevuto a Palazzo Chigi il commissario per Caivano, Fabio Ciciliano. Obiettivo dell’incontro: fare il punto sulle attività svolte finora dalla struttura commissariale e i successivi interventi in programma. Un focus è stato dedicato agli alloggi di edilizia residenziale pubblica presenti sul territorio di Caivano, con la presidente del Consiglio che ha rimarcato l’attenzione del governo al tema e ha ribadito la volontà di coniugare il contrasto all’illegalità con la tutela dei nuclei famigliari in situazione di difficoltà economica e sociale.

Le parole di prefetto e questore – Gli arresti di questa mattina “sono un segnale importantissimo e l’attenzione non cesserà “. Parola del prefetto di Napoli, Claudio Palomba, durante la visita al villaggio della legalità. L’attenzione proseguirà, ha detto ancora il prefetto “e si svilupperà anche su altri profili” con attività in favore dei giovani. Palomba ha anche assicurato che si proseguirà anche con il censimento delle abitazioni, “censimento dettagliato, ovviamente differenziando quelle che possono essere delle situazioni di fragilità rispetto alle situazioni propriamente abusive. Faremo un lavoro che è stato fatto a Pizzofalcone, a Napoli “. Sulla stessa linea il questore di Napoli, Maurizio Agricola, secondo cui “oggi è un giorno importante perché dal punto di vista repressivo si è data una svolta ad una vicenda dolorosissima. Noi siamo qui oggi per un’affermazione di legalità – ha proseguito il questore – e per un’educazione alla legalità che è un’attività multidisciplinare “.

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