di Carblogger

Che cosa è Tesla? Una casa automobilistica. O almeno lo era vent’anni fa quando è nata. E poi dal 2004 con Elon Musk al volante, che l’ha portata a valere fino a mille miliardi di dollari dopo un suo primo investimento di 6,4 milioni. Nel 2015, Musk aggiunge a Tesla un’altra missione: “Tesla non è solo una casa automobilistica ma un’azienda che si occupa di innovazione energetica“. Gigafactory, solare, powerwall e così via, oltre alle auto elettriche che conosciamo e che vanno per la maggiore nel mondo.

Che cosa è diventata Tesla nel 2023? Dieci anni fa Musk comincia ad appassionarsi all’intelligenza artificiale (IA o AI in inglese), di cui teme un’applicazione indiscriminata fino al punto di definirla in un simposio al Mit nel 2014 “la più grande minaccia esistenziale per l’uomo”. Punta sulla sicurezza, rompe per questo con Larry Page di Google e l’anno successivo lavora con Sam Altman alla nascita di OpenAI, oggi famosa per il suo ChatGPT. Ma tre anni dopo rompe anche con lui: “Ci rendemmo conto – racconta Altman a Walter Isaacson neo-biografo di Musk – che Tesla sarebbe diventata un’azienda AI e che avrebbe rivaleggiato con OpenAI per acquisire gli stessi talenti”.

Nel luglio scorso, Musk lancia x.AI, creatura dedicata all’intelligenza artificiale e a tutte le attività del gruppo. Da Neuralink, produttrice di chip per connettere il cervello direttamente a un pc e in questi giorni autorizzata a sperimentare su esseri umani, a Optimus, un robot umanoide, a Dojo, un super computer di enormi capacità per allenare una rete neurale artificiale a simulare un cervello umano, fino a Tesla. Dove il sistema da lui chiamato “Full Self Driving” – benché non lo sia – continua a essere sotto accusa per una serie di incidenti su strada e annunci mirabolanti di cosa fatta mai confermati.

Il robotaxi è la sua ossessione produttiva e di business: “Trasformerà tutto. E’ il prodotto che farà di Tesla un’azienda da 10.000 miliardi di dollari. Fra cent’anni la gente parlerà ancora di questo momento”.

“Le auto che si guidano da sole – scrive Isaacson – secondo Musk avrebbero ben altro vantaggio che liberare la gente dalla scocciatura di guidare. Eliminerebbero in gran parte il bisogno stesso di possedere macchine. Il futuro dovrebbe appartenere ai robotaxi (…) alcuni potrebbero essere di proprietà individuale, ma la maggior parte apparterrebbe ad aziende o alla stessa Tesla”.

Insomma, si può dire che Musk stia lavorando alla fine della mobilità privata nonostante sia un costruttore di auto private elettriche di successo globale.

Uno scenario c’è già: sta in un report di maggio del World Economic Forum (autorevole organizzazione indipendente non profit con sede in Svizzera), “The Urban Mobility Scorecard Tool: Benchmarking the Transition to Sustainable Urban Mobility“, in Italia ampiamente riportato in un editoriale di Quattroruote.

Assunto: entro il 2050 “quasi il 70% della popolazione mondiale vivrà in aree urbane”, dunque l’elettrificazione della mobilità non basterà a raggiungere “gli obiettivi di riduzione delle emissioni”. E allora? La ricetta Wef: “C’è un altro modo. L’aumento dell’uso di modalità di trasporto condivise, elettriche, connesse e automatizzate e il passaggio a città più compatte potrebbero ridurre il numero di veicoli previsto nel 2050 a solo mezzo miliardo” (attualmente sarebbero più di 1,2 miliardi).

E’ chiaro che Musk con Tesla e i suoi robotaxi vuole portarsi avanti. Domanda: è fuoco amico, o è ora che tutto cambi perché nulla resti come prima? E domanda altrettanto lecita dall’editoriale di Quattroruote: “E’ una marginalizzazione che l’industria dell’auto subirà passivamente? Soprattutto, noi cittadini di Paesi evoluti accoglieremo favorevolmente decisioni destinate a cambiare il nostro modello di vita?”.

@carblogger_it

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