A metà agosto i sindaci del Veneto si erano ribellati all’invio di migranti nei loro territori, sostenendo che il governo non poteva scaricare sugli enti locali, già gravati da mille problemi, una situazione esplosiva. Adesso, riuniti in assemblea a Verona, hanno formulato un documento articolato in 14 punti che, al di là del tono pacato, costituisce un vero ultimatum al potere centrale (anche in vista della Legge di bilancio 2024) da parte di chi gestisce quello locale. Non solo migranti, ma anche mancanza di risorse per interventi sociali ai cittadini più poveri, impossibilità di assumere personale, carenza di segretari comunali e spettro dell’abbandono del Pnrr, proprio quando l’80 per cento dei progetti in Veneto sono avviati. Una presa di posizione dirompente verso il governo, se si pensa che il presidente dell’Anci Veneto è il leghista Mario Conte e i sindaci sono in maggioranza di centrodestra o di liste civiche, mentre il centrosinistra controlla quattro comuni capoluogo (Verona, Vicenza, Padova e Rovigo).

“NO AI CENTRI PER IMMIGRATI” – “I Comuni esprimono grande preoccupazione sull’ipotesi di creazione di nuovi Centri con rilevante aggregazione di persone in un unico contesto. Siamo chiaramente chiamati in causa dalla situazione esplosiva determinata dall’altissimo afflusso di migranti dalle coste del nord Africa. Sui minori in particolare, il tema dei costi che vanno sostenuti per la loro accoglienza, per il sostentamento e per i primi passaggi dell’integrazione è grave. Ma ci vogliono i mezzi, e ci vuole grande collaborazione istituzionale a tutti i livelli”. I sindaci chiedono un piano, coordinamento, risorse economiche. Respingono anche l’accoglienza diffusa, che pure in agosto aveva trovato il favore del governatore Luca Zaia e del presidente dell’Anci Veneto Conte, sindaco di Treviso. “L’assenza di soluzioni alloggiative adeguate e carenza di capacità economica non permettono al territorio di dare una risposta dignitosa per gli immigrati. Per richiedere ai Comuni collaborazione nell’ospitalità al di fuori dei flussi preordinati, occorre assicurare le risorse per garantire percorsi di conoscenza linguistica, formazione professionale, reperimento di alloggi adeguati”. Rifiutano la logica delle persone come “pacchi postali” che aveva caratterizzato ad agosto gli invii da parte del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. I sindaci chiedono anche “una normativa speciale per il rilascio dei documenti che non faccia scattare in maniera automatica la residenza a favore di persone che non abbiano uno stabile rapporto di lavoro e una sistemazione abitativa regolare e potenzialmente continuativa, al fine di evitare che queste persone debbano essere seguite dai servizi sociali e conseguentemente poste a carico delle Comunità locali”.

“NON POSSIAMO AIUTARE I POVERI” – Alla legge di bilancio viene chiesta “l’introduzione di una quota verticale crescente per compensare gli aumenti contrattuali e gli effetti dell’inflazione sull’acquisto di beni e servizi”, oltre “al ripristino del fondo per i piccoli Comuni e alla sistematizzazione dei fondi per i servizi sociali, per asili nido e per i disabili”. I sindaci chiedono inoltre di riorganizzare il sistema di erogazione dei servizi sociali. “Bisogna trovare una soluzione per il rifinanziamento del Fondo Affitti e Morosità Incolpevole, che ha rappresentato fino ad oggi l’unico strumento di supporto continuativo agli affitti, l’unica forma di sostegno economico per le famiglie in difficoltà”. Insomma, per i poveri i soldi non ci sono o non bastano. Grave il problema degli strumenti per affrontare l’emergenza abitativa: “Le necessarie risorse (per acquisto o ristrutturazione di immobili da dare a chi non ha una casa, ndr) devono essere di provenienza sia statale che regionale. I Comuni devono avere la possibilità di intervenire liberamente in caso di emergenza abitativa, escludendo gli investimenti da ogni forma di vincolo di spesa”.

“NON ABBANDONARE IL PNRR” – Nel capitolo delle opere finanziate con fondi Pnrr, i sindaci sono allarmati. “La proposta di revisione del PNRR predisposta dal Governo preoccupa molto. È necessario avere indicazioni certe sulle nuove fonti di finanziamento e sulle procedure da seguire, posto che tutti i progetti sono in corso di esecuzione. Le opere dei Comuni finanziate fin qui devono andare avanti ed essere completate”.

“MANCANO 250 SEGRETARI COMUNALI” – Si torna al tema delle risorse anche con il personale. I sindaci chiedono di poter assumere tenendo conto “non solo del rapporto tra spesa del personale ed entrate correnti, come previsto dall’attuale normativa, anche del rapporto dipendenti / popolazione”. Drammatica la situazione dovuta alla mancanza di segretari comunali, figura cruciale per l’operatività delle amministrazioni. “I dati sui Comuni del Veneto sono eloquenti: oltre 250 Comuni hanno la sede vacante, in gran parte di classe 3 e 4, in alcuni casi, anche da diversi anni. La situazione permane molto critica con una carenza assolutamente drammatica di segretari in quasi tutte le Regioni Italiane”.

“TRASPORTO PUBBLICO IN DIFFICOLTA’” – “L’attuale situazione in cui si trova il trasporto pubblico locale pone in seria difficoltà la sostenibilità del servizio complessivamente affidato, ed impone agli Enti affidanti di reperire ulteriori risorse per far fronte agli oneri previsti dai contratti di servizio”. Anche la Regione è tirata in ballo.

“VOGLIAMO LE PROVINCE” – I sindaci sono a favore del ritorno delle Province per gestire scuole, viabilità, cura e difesa del suolo. Serve “un rilancio dell’autorevolezza istituzionale e della capacità di coordinamento del territorio Provinciale: obiettivo perseguibile con la previsione della legittimazione democratica della figura del Presidente, il ripristino di una forma collegiale e riconosciuta del suo esecutivo e l’elezione diretta del Consiglio Provinciale”. Non ne fanno una questione di poltrone, ma di coordinamento amministrativo.

“PIU’ AUTONOMIA ANCHE DALLA REGIONE” – Il cavallo di battaglia di Zaia, che vuole l’autonomia del Veneto, viene ribaltato nei confronti della stessa Regione. I Comuni chiedono maggior riconoscimento di funzioni “in un quadro coordinato e coerente di scelte del legislatore statale e dei legislatori regionali”. Non c’è solo la centralità di Roma, ma anche quella di Venezia.

“VIA L’ABUSO D’UFFICIO” – I sindaci, che sarebbero i primi interessati, sono favorevoli alla riforma dell’abuso d’ufficio. “Amministrare un Comune comporta dei rischi di ordine penale e contabile importante, a fronte di indennità irrisorie e al taglio dei rimborsi spese e di una penalizzazione sul fronte lavorativo e della carriera. La discussione in atto sulla riforma dell’abuso d’ufficio e sulla riformulazione delle norme sulla responsabilità degli amministratori è un significativo progresso per una risposta efficace”.

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