Si dice che il diavolo stia nei dettagli e questo è tanto più vero quando si parla delle tecnicalità delle politiche monetarie delle banche centrali che non devono rendere conto a nessuno. Chi il diavolo l’ha visto all’opera è stato il professor Paul De Grauwe che lo ha additato su Twitter subito dopo la decisione della Banca centrale europea sull’ennesimo aumento del costo del denaro.

De Grauwe è un autorevole economista, autore di numerose pubblicazioni tra cui Economia dell’unione monetaria , una delle analisi più esaustive su rischi e benefici della moneta unica. La sua affermazione su Twitter è alla fine semplice, ma richiede prima alcune spiegazioni.

Le banche della zona euro sono tenute a mantenere una riserva obbligatoria, ossia soldi depositati presso la Bce, per ragioni di sicurezza e come strumento di politica monetaria. Si tratta, nel complesso, di circa 160 miliardi di euro. Le riserve che eccedono quella obbligatoria possono essere comunque depositate presso la Bce. Qui le dimensioni lievitano, si parla di oltre 4mila miliardi di euro, quasi esclusivamente di banche francesi e tedesche.

Sino a ieri entrambi questi depositi ricevevano gli stessi interessi (pagati dalla Bce). Ora le cose stanno cambiando, gli interessi sulla riserva obbligatoria sono stati azzerati mentre quelli sulle riserve in eccesso sono saliti e, con l’ultimo aumento dei tassi, sono passati dal 3,75 al 4%. Applicato su 4mila miliardi, un aumento dello 0,25%, significa esattamente 10 miliardi di euro in più che la Bce pagherà alle banche. La somma a cui allude De Grauwe quando parla dell’aumento dei trasferimenti per effetto del rialzo dei tassi.

La Bce avrebbe avuto un modo semplice per “neutralizzare” gli effetti del nuovo aumento dei tassi: aumentare la quota di riserva obbligatoria, ossia quello che le banche sono tenute a mantenere depositato senza ricevere interessi. De Grauwe indica un incremento della somma della riserva obbligatoria dall’1% al 2,5% dei depositi della clientela come una mossa sufficiente per “pareggiare” l’aumento dei tassi, in sostanza per far si che non crescano le somme pagate dalla Bce alle banche. Si tratta di un incremento modesto, tale da non avere impatti significativi sulle condizioni creditizie. Non lo avrebbe neppure per le banche italiane che pure sono un po’ più “tirate” sulle somme depositate ma che stanno incassando molto dal fatto di non aver trasferito ai loro depositanti quasi nulla dei recenti incrementi dei tassi. Un’altra possibilità di cui si parla è quella di abbassare al 95% la quota delle riserve in eccesso che vengono remunerate con interessi. Ma per ora la Bce da questo orecchio non sembra sentire.

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