di Paolo Rossi

L’incarico conferito da Ursula Von Der Leyen a Mario Draghi in merito al tema della competitività della Ue pone una seria questione su quale sia l’Unione europea che vogliamo. La figura di Mario Draghi non ha bisogno di presentazioni, tuttavia la sua vita tutta spesa nell’ambito dell’alta finanza, ma anche l’azione politica che lo ha contraddistinto durante il suo premierato in Italia, pongono seri dubbi su quali siano gli aspetti di “competitività” su cui si accentrerà la sua attenzione.

Innanzitutto la transizione ecologica: non c’è futuro se si pensa che questa si riduca al passaggio dal motore termico a quello elettrico nelle automobili. Uno dei punti cardine della “competitività” sta nell’affrancarsi da possibili ricatti geopolitici (da qualsiasi parte essi possano venire) dunque la scarsità sul territorio della Ue di materie prime come rame e litio (ma anche di prodotti energetici fossili) imporrebbe una drastica revisione di tutte queste politiche.
Il punto cruciale credo stia nella riduzione del fabbisogno energetico, da perseguire in tutti i settori (edilizia, industria, trasporti), e ovviamente l’uso estensivo di energie da fonti rinnovabili.

Poiché circa il 50% del consumo globale di energia è attribuibile all’edilizia, in gran parte per la climatizzazione dei locali invernale ed estiva, è evidente che la riqualificazione del patrimonio edilizio è un elemento cruciale di questa politica. Il famigerato superbonus 110% era dunque una iniziativa assolutamente corretta e lungimirante da parte del governo Conte, tuttavia fu proprio lo stesso Mario Draghi a sabotare una legge dello Stato approvata dal Parlamento, imponendo alle banche di non acquistare più i crediti fiscali. Di fatto Mario Draghi ha dimostrato con questo di perseguire una politica del tutto opposta proprio a quanto ora la Von Der Leyen gli chiede di fare… non certo un buon inizio!

Tuttavia non c’è storia ed i grandi numeri sono lì sotto gli occhi di tutti: solo attraverso questo processo di riqualificazione degli immobili è immaginabile una vera riduzione del fabbisogno energetico e dunque sarà interessante notare come affronterà la questione senza perdere la faccia.

Inoltre la questione della mobilità, che dovrà necessariamente passare per un forte sviluppo del trasporto collettivo (in particolare tramviario e ferroviario) con parallela riduzione della mobilità privata: come dirà alle tre sorelle tedesche (VW, BMW, Daimler Benz) che la loro pingue festa è finita? Che dovranno giocoforza ridurre le loro vendite nella Ue, concentrandosi su mezzi meno pesanti, meno energivori, meno costosi e più longevi per lasciare finalmente un po’ più di euro nelle tasche dei cittadini?

Fino ad oggi Mario Draghi è stato il paladino di un establishment economico/finanziario che ha creato troppe disuguaglianze in Europa, concentrato troppa ricchezza in pochi Paesi ricchi come la Germania, proteggendo ad oltranza un sistema bancario autoreferenziale ed inefficiente (Deutsche Bank, Credit Suisse) che ha fatto comunque sempre e solo i propri interessi (si vedano ad esempio gli stipendi esagerati dei grandi top manager). Ora gli si chiede di “aggiustare” tale sistema per recuperare competitività a livello continentale.

Credo sia lecito dubitare che possa essere la persona più adatta per un tale incarico, questi sistemi mai sono in grado di riformarsi dall’interno.

Le prossime elezioni europee nel 2024 rivestono pertanto un’importanza fondamentale: è difficile adesso immaginare chi abbia le idee giuste per attuare le politiche necessarie, tuttavia se a vincere saranno ancora i “popolari” temo che non vedremo grandi miglioramenti in tema di “competitività”, salvo qualche operazione “di facciata” per far finta di aver fatto qualcosa.

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