Da Piombino a Vado a Ravenna, per una emergenza energetica mai esistita o comunque già passata, si continuano a imporre ai territori gigantesche navi rigassificatrici, che oltre ad essere impianti a rischio di incidente rilevante, provocano un pesante impatto sull’ecosistema marino, rilasciano emissioni climalteranti, legandoci per altri 30 anni al fossile.

Sono impianti inutili, utili solo alle multinazionali del fossile per i loro extraprofitti, essendo il valore del GNL strettamente legato alla speculazione.

Il rigassificatore imposto in malo modo a Piombino verrà tra tre anni spostato a Vado. Lo spirito che anima le lotte dal basso non è solo “nimby”, come si maligna, ma anche generoso, coerente e globale. La Rete No Rigass-No Gnl e la Campagna Per il Clima Fuori dal Fossile, ad esempio, riuniscono comitati che lottano proprio contro tutta la filiera sporca dalle terre di estrazione alle terre di approdo del GNL, e di ogni fonte fossile.

Sono in verità proprio i politici i più “nimby” e incoerenti di tutti: in una logica perversa e crudele mettono i popoli uno contro l’altro, creando confusione e spargendo zizzania. “Il rigassificatore non deve andare a Vado, ma a Piombino sì e a Ravenna pure”, è la stramba logica del Pd, partito che pur si dice progressista, ecologista e attento ai diritti degli ultimi. In realtà è attento solo al proprio tornaconto elettorale, visto che in Liguria il governatore è di destra mentre in Toscana e in Emilia Romagna i governatori sono del Pd. E uno dei più grandi fan del rigassificatore e del fossile è proprio il sindaco di Ravenna De Pascale (pure lui del Pd).

Annalisa Corrado, responsabile ambiente del Pd e braccio destro della Schlein, incalzata da Il Foglio sul rigassificatore a Ravenna, spiega che “il percorso in Emilia-Romagna è stato decisamente diverso, ha coinvolto tutti gli interessati. Inoltre, in quel momento occorreva rispondere in via emergenziale”. Forse Corrado dimentica che anche a Ravenna la procedura è stata semplificata, lampo, blindata – dando pochissimo tempo e spazio alla partecipazione. Un progetto mal scritto e con vari errori, mai corretti, come evidenzia da tempo l’ing. Merendi.

Un rigassificatore contro cui si battono molte associazioni, con manifestazioni e proteste, da oltre un anno, che approderà (nella primavera 2024) in una ZTB (Zone di tutela biologica marina) a 8,5 km dalla costa. Saranno dragati i fondali per l’ancoraggio, costruita una diga di cemento, un metanodotto collegherà il rigassificatore a terra e poi da lì altri 32 km di metanodotto intorno a Ravenna, tra pinete e zone protette. Un rigassificatore che non risponde a nessuna emergenza, a differenza di quanto dice Corrado, visto che i tempi per la sua attivazione si sapevano fin dall’inizio.

E mentre i politici si arrampicano sugli specchi, la Snam va avanti con i lavori. Lavori che hanno anche causato una rottura accidentale di altre tubature e una pericolosa fuga di gas a due passi dall’autostrada. La Campagna Per il Clima-Fuori dal Fossile ha inviato una diffida al Comune di Ravenna, che derogando alla sospensione estiva (prevista nel progetto Snam) ha permesso di procedere con i lavori al pozzo di spinta, nel cantiere ubicato nella spiaggia di Punta Marina, nonostante la vicinanza dei bagnanti, con tutto il carico di rumore, polveri e fastidio che ne è conseguito.

Ma non è finita. La notte prima della catena umana a Vado, tra sabato e domenica, a Punta Marina (RA) proprio nel cantiere del pozzo di spinta, va in scena un principio di incendio alla rete di ombreggiatura intorno al cantiere. I vigili del fuoco, immediatamente avvertiti, accorrono e lo spengono in pochi minuti. Ci sono tracce di benzina e gasolio e si ipotizza un innesco doloso. Non circolano foto o video amatoriali dell’accaduto, vista la minima entità e visto che la gente non si è accorta di nulla. Il giorno dopo, il cantiere non presenta visibili segni e continuano i lavori.

Tutti noi veniamo a sapere dell’incendio solo il martedì, da un articolo de Il Giornale che intitola: “No al rigassificatore. E gli ultrà ambientalisti incendiano il cantiere” un articolo che getta fango pure sugli attivisti No Tap del Salento, dipingendoli come terroristi. Subito dopo, anche un quotidiano locale cita l’evento, parlando di “possibili scenari circa un’azione mirata del fronte no-gas”. In realtà, precisa la prefettura, non è giunta alcuna rivendicazione, le indagini sono a tutto campo.

“In pratica, fra le tante ipotesi possibili” commenta in una dura nota il Coordinamento Ravennate Fuori dal Fossile, rigettando le allusioni e le illazioni dei giornali, “l’unica pista degna di nota sarebbe quella di addossare la responsabilità a chi si oppone al rigassificatore e alla dipendenza dalle fonti fossili? Davvero non vorremmo, cosa successa in molte occasioni nella storia del nostro Paese, che si stesse creando, involontariamente o meno, un’atmosfera da “strategia della tensione”. Con uno schema ormai noto, sulla base di un minimo pretesto, si militarizzano le opere inquinanti, impedendo alla gente di essere vigili sentinelle e intimidendo la protesta.

Nel frattempo è già stato convocato il Tavolo per la sicurezza e l’ordine pubblico alla presenza dei delegati di Snam e Saipem, prevedendo di aumentare la difesa del cantiere. Ma gli attivisti non si lasciamo demoralizzare e già si preparano ad accogliere, in modo pacifico ma determinato, l’OMC (Med Energy Conference and Exhibition), dal 24 al 26 ottobre, con un presidio e un controvertice.

Articolo Successivo

Toti contestato a Savona per il rigassificatore. E anche gli industriali attaccano: “Impresentabile questo piano”. Lui apre a “modifiche al progetto”

next