di Diego Possamai

Non esiste settembre in cui la riapertura delle scuole non coincida con l’avvento sulle pagine dei giornali di nuove proposte di riforma dell’intero sistema scolastico del nostro paese. Chi come Sgarbi parla di posticipare il ritorno sui banchi ad inizio ottobre per incentivare il turismo culturale e chi al contrario lancia una petizione per tagliare i giorni di vacanza con l’obiettivo di “ridurre gli eccessivi carichi di lavoro” dilatando sull’estate la didattica.

Ho recentemente avuto modo di rileggere gli scritti della clandestinità di Marc Bloch, redatti nel 1943 dall’instancabile storico come tentativo di immaginare per l’allora Francia occupata dai tedeschi un nuovo sistema pedagogico innovativo, rivoluzionario e capace di gettare le basi per l’avvenire, a cui purtroppo non assisterà poiché fucilato dai nazisti in quanto membro della resistenza partigiana. Le sue parole esaminate 80 anni più tardi sono di estrema attualità e si possono ricavare da esse preziosi insegnamenti per intavolare una seria discussione su una riforma dell’insegnamento nostrano.

1- “È necessario che, sia per l’educazione dei suoi giovani sia per lo sviluppo permanente della cultura nel complesso dei cittadini (…) si sappia spendere incomparabilmente più di quanto si sia rassegnato a fare sino ad oggi”. Non si scopre l’acqua calda se si afferma che nel nostro paese la diminuzione della spesa pubblica nel settore educativo è stata un crescendo negli ultimi anni. I dati de IlSole24ore affermano che la percentuale di Pil investita dal nostro Paese nell’istruzione è tornata a scendere al 4,1%, contro una media europea del 4,8%, con conseguente carenza dei servizi complementari alla vita scolastica (mense, laboratori, pre e doposcuola). Non ci sorprende pertanto che il tasso di dispersione scolastica sia altresì superiore alla media UE, e che la percentuale di giovani immigrati che abbandona gli studi tocchi quasi il 25%. Produrre una riflessione sul tema della scuola senza sottolineare in primis la carenza di risorse e di investimenti è inutile, controproducente e deresponsabilizza di chi dovrebbe investire nel futuro di questo paese: nessuna riforma è attuabile nell’ottica del costante taglio di cui è vittima il sistema scolastico italiano.

2- “C’è una parola che riassume tutte le tare più funeste del nostro sistema: la parola bachotage (…) ovvero l’incubo dell’esame e della graduatoria”. Il bachotage è la mania di assumere più informazione nel minor tempo possibile al fine di preparare e superare esami imminenti. Per Bloch è la morte della libera curiosità, la fede nella fortuna (invece che nei propri mezzi) ed è soprattutto un “tremore perenne negli spiriti in cui dovrebbe regnare la libera gioia d’apprendere”. Sono parole che dovrebbero aiutarci a riflettere in merito ai metodi di valutazione e al sistema esaminatorio nel nostro paese, in cui la piaga del suicidio tra i ragazzi universitari è malauguratamente sempre più spesso sulle prime pagine dei giornali. Circa 1 studente su 4 mente in merito ai propri esami nel tentativo di allentare la pressione della propria famiglia e di chi lo circonda, vivendo un clima di costante tensione per le prove che gli si pongono davanti.

Ciò non significa rinunciare a priori ad una valutazione: “Sarà necessario mantenere alcuni procedimenti di selezione, ma concepiti affinché la vita dello studente cessi di essere imprigionata nell’ossessione di ripetersi di esami”; riflettere su nuovi metodi di verifica che non riducano studenti e professori a vagliare un semplice test ma che permettano una considerazione delle competenze, dei progressi e delle singolarità di ciascuno.

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