“Ormai a chiederci lo zaino e l’astuccio è il vicino di casa”. Le parole di Stefania Fumagalli, membro della Caritas, descrivono bene l’impoverimento diffuso che trova un riscontro significativo con l’inizio dell’anno scolastico. Dalla Lombardia alla Sicilia, decine di Comuni, associazioni, parrocchie, sedi Caritas raccolgono materiale didattico da consegnare a chi non riesce ad arrivare a fine mese: e tutte queste realtà confermano che sono in forte crescita le famiglie che non riescono a comprare uno zaino, le penne e le matite ai loro figli per poterli mandare a scuola: parliamo di un ceto medio impoverito, a volte anche composto da professionisti (soprattutto nelle metropoli dove il costo della vita è altissimo) che è costretto a chiedere una mano sul “corredo” scolastico, perché una spesa aggiuntiva nel mese di settembre diventa insostenibile per il bilancio familiare. Al punto da mettere a rischio anche la possibilità di soddisfare bisogni primari.

A fare la fila si ritrovano persone con storie diverse, unite dalla difficoltà economica: c’è il rider, il ristoratore che ha dovuto abbassare la serranda a causa del Covid, lavoratori che hanno dovuto ripiegare su un’occupazione saltuaria, papà e mamme separati e poi badanti che hanno portato in Italia i loro figli o coppie di migranti con quattro o cinque figli. E una buona metà di coloro che hanno necessità di aiuti didattici sono italiani. D’altro canto la perdita di potere d’acquisto, unita ai rincari e in alcuni casi anche alla perdita del reddito di cittadinanza, sta mettendo in ginocchio molte famiglie italiane: secondo Federconsumatori, il corredo scolastico, quest’anno, può comportare una spesa media di 600 euro a studente. Senza contare il costo dei libri di cui “Il Fatto Quotidiano.it” si è già occupato nelle scorse settimane.

Il prezzo – a detta di Eurostat e Uil Scuola – del materiale utile agli studenti come penne, matite, carta, gomme, temperamatite e forbici è salito del 13% tra gennaio e maggio 2023. I numeri, le percentuali di crescita dei prezzi di libri o corredo, descrivono solo in parte il problema, che è quello dell’impoverimento sempre più diffuso e quindi dello scivolamento verso la povertà di un ceto che si era sempre considerato (ed era sempre stato) medio. Una situazione che si riscontra in tutta Italia, con punte soprattutto nelle zone in cui il costo della vita è più alto.

A Milano a dare una mano alle famiglie in difficoltà, tra gli altri, c’è la Caritas con i suoi empori, 440 centri di ascolto, 300 doposcuola attivi dove arrivano le richieste di materiale didattico. Qui si incontrano – come racconta il direttore della Caritas Ambrosiana Luciano Gualzetti – molti cittadini che un lavoro ce l’hanno, ma è largamente insufficiente per vivere: “Il vero problema, in una città come Milano, è avere un contratto di lavoro, spesso precario, che non ti permette di arrivare a fine mese”. A chiedere lo zaino per i figli, nella Milano da bere, sono sempre più le persone con la casa di proprietà ma senza un reddito sufficiente per affrontare le spese. “A noi si rivolge anche chi è vittima di usura e che arriva a quel punto per poter mandare a scuola i figli, ma poi si rende conto di non farcela più”. Una questione sempre più delicata nel capoluogo lombardo, dove spesso chi ha bisogno del corredo per i figli deve superare l’imbarazzo e il senso di colpevolizzazione per farsi aiutare. Nel capoluogo lombardo, a raccogliere materiale per i bambini che tornano tra i banchi c’è anche la fondazione “Somaschi” con la campagna “A scuola uguali”. Un’attività fatta soprattutto per gli oltre 210 ragazzi accolti nelle loro comunità ma anche per le tante famiglie in housing sociale o in case Aler. “Lavoriamo – spiega Luigi Poggesi, responsabile della raccolta fondi e della comunicazione – in ogni settore, anche tra i camminanti, i rom, con le case rifugio per le donne che hanno subito maltrattamenti ma da noi vengono anche i rider o famiglie che lavorano all’ortomercato o donne che hanno figli e si prostituiscono per vivere. Una povertà di questo livello non si era mai vista”.

Fuori Milano, la musica non cambia. A Gorgonzola, 21 mila abitanti, alle porte del capoluogo lombardo, in questi giorni le cartolerie Rebecca e del Campanile, il Comitato genitori del Molino Vecchio, Mani Tese e la Gente del MaGo, la Fondazione Somaschi e #Gate33, MondoAlegre, Cav e Lilt, Acli, Caritas e molti altri, hanno lanciato la campagna “Nessun bimbo resti senza” con quattro punti di raccolta in luoghi diversi della città: “Anche nella nostra città – dice Stefania Fumagalli – la povertà è sempre più crescente. La distribuzione di cibo è raddoppiata da un anno con l’altro e ora abbiamo famiglie dove l’incidenza del costo del materiale didattico pesa gravemente sulle spese”. A Gorgonzola sono andati anche oltre la raccolta: “Abbiamo proposto –racconta Jessica Benucci, della cartoleria Rebecca – a chi veniva al banchetto, l’affido culturale, per dare la possibilità di andare al cinema, al museo a qualche bambino che non può permetterselo perché anche questa è povertà”. A Crema, 35 mila abitanti, immersa nella ricca Pianura Padana da vent’anni c’è Renato Stanghellini del gruppo “I Pantelù” che ogni anno ad agosto e settembre raccogliere quaderni, matite, pastelli e altro per le famiglie che hanno bisogno. “La richiesta maggiore è arrivata ben prima del Covid. E’ in quel periodo che ho osservato che la situazione si stava aggravando”.

Da Milano, dalla Lombardia, a Roma dove ad occuparsi di questo problema è l’Odv “Nonna Roma” che dal 2018 organizza “Matita sospesa”. Insieme al diritto al cibo, alla casa, al lavoro si occupano del diritto allo studio: raccolgono nelle cartolerie articoli di cancelleria, per poi piazzarli negli empori dove le famiglie in difficoltà, attraverso una tessera a punti, possono in autonomia, rifornirsi del necessario. Lo scorso anno hanno aiutato circa 50 nuclei famigliari, quest’anno solo con le richieste raccolte fino ad oggi sono arrivati già a 120. Ma la questione non è solo numerica. “E’ cambiato chi ha bisogno”, spiega Andrea Simone. “Non si rivolgono a noi – continua il responsabile del progetto – solo famiglie migranti o italiane con prole numerosa ma anche professionisti, famiglie mononucleari con persone in età lavorativa. E’ la nuova povertà. La metà di chi fa richiesta sono italiani che hanno perso il lavoro dopo il 2018 e ora hanno occupazioni saltuarie. Gente che senza il reddito di cittadinanza ha meno possibilità per questo tipo di spese. Si rivolgono a noi anche adulti, senza figli che devono affrontare una formazione per un tirocinio o acquisizione di nuove competenze”.

Più a Sud la situazione è la stessa. A Racale, in provincia di Lecce, l’ Amministrazione Comunale con l’ufficio servizi sociali, insieme con le Associazioni Racale Cam, il Comitato Genitori, la Consulta giovanile, il Consiglio Comunale dei Ragazzi e la Proloco hanno organizzato nei giorni scorsi la raccolta del materiale didattico. “Fino a pochi anni fa avevamo – dice Matteo Stamerra, tra i volontari – solo due punti di raccolta, ora sei. Su 12 mila famiglie, ben quaranta hanno bisogno”. Un’analisi confermata dall’assessore Elisabetta Francioso che ci spiega: “Qui c’è gente che non ha la possibilità di comprare il grembiule. Si rende conto? Il problema esiste da prima la pandemia e non è migliorato dopo il Covid. Ad avere bisogno di materiale didattico è il papà con uno stipendio da 1.200 euro con tre, quattro figli e un affitto nelle case popolari”.

Una situazione conosciuta anche a Benevento dove il “Centro Solidale Bene-Attivi” della Pro loco Samnium, ha attivato lo “Zaino sospeso”. A restituirci la fotografia dell’iniziativa è Giuseppe Petito, presidente della Pro Loco: “La pandemia ha distrutto le famiglie. Conosco commessi, baristi che hanno bisogno di zaini, quaderni. La spesa per la scuola incide pesantemente nella vita di queste persone. Noi fino a qualche anno fa aiutavamo due-tre famiglie, ora sono 150. Ci chiedono una mano le stesse scuole superiori soprattutto i professionali e gli alberghieri”.

Uno spunto interessante arriva anche dalla Coop che dal 2017 ad oggi organizza “Dona la spesa” una colletta solidale di materiale scolastico che poi finisce nelle mani di associazioni che distribuiscono il tutto alle famiglie che hanno bisogno. Sei anni fa gli enti che chiedevano alla Coop di poter avere la spesa didattica donata erano 374, nel 2022 sono stati 699. Ma accanto a questi numeri c’è un altro dato che preoccupa: se nel 2017 erano stati raccolti 639 mila articoli; nel 2022 sono persino diminuiti a 571 mila: le famiglie donano meno. Anche chi può dare una mano, fa più fatica.

Articolo Precedente

Decreto Caivano? “Slogan, fuori dalla realtà”. “Torna la pedagogia della punizione, ma serve educare”: i pareri di chi lavora con i minori

next
Articolo Successivo

Il liceo ricomincia in Dad per mancanza di aule: il caso a Varese. Il preside: “Lavori all’edificio, sarà tutto risolto in due settimane”

next