In questi giorni giunge a compimento il triennio di sperimentazione della Legge 120/21 sull’Introduzione dell’insegnamento scolastico dell’educazione civica, rendendola trasversale, dunque attribuendone lo sviluppo ai docenti di tutte le materie di ciascuna classe. Tre i nuclei portanti: “Costituzione, diritto (nazionale e internazionale), legalità e solidarietà”, “Sviluppo sostenibile, educazione ambientale, conoscenza e tutela del patrimonio e del territorio”, “Cittadinanza digitale”. Non si intravedono imminenti modifiche legislative, per cui è prevedibile che anche quest’anno si andrà avanti nello stesso modo, ma c’è già chi nella scuola mette le mani avanti per riportare l’insegnamento dell’educazione civica nella mani dei docenti di diritto, come se fosse la stessa cosa che lo studio degli ordinamenti.

E sono spesso portatori di una visione arcaica dell’insegnamento e dell’apprendimento, così come ben sanno tutti coloro che ci hanno provato. L’educazione civica l’ho insegnata per una ventina d’anni – insieme a Italiano, Storia e Geografia, anche lei ballerina fra diverse cattedre bisognosa di ore per continuare a esistere -, prima che l’ennesima riformina la attribuisse non so neanche più a quale docente di quale materia. E’ una disciplina spesso interpretata come una specie di catechismo laico: elencazione di regole di comportamento, poi di approccio alla società, infine di partecipazione, con tanta retorica e una noia pazzesca a condire il brodo. Insomma un invito alla trasgressione perpetua, proprio come il catechismo.

Mentre seguivo questa discussione, sono incappato nelle risultanze di uno studio dell’Anaao Assomed in cui i ricercatori hanno provato a calcolare i costi effettivi dei principali interventi sanitari operati nella sanità privata, vale a dire quello che dovremmo pagare di tasca nostra se non ci fosse il SSN. Ecco un buon punto di partenza per una potente attività di educazione civica, trasversale come vuole la legge in vigore!

I dati dello studio Anaao Assomed “Conto ombra” spiegano il paese e raccontano cos’è la cittadinanza, quella reale. A partire da questa fotografia, ho cominciato a immaginare come una classe di ragazzi alle prese con l’adolescenza potrebbe essere civicamente educata a sentirsi parte di una nazione, di una collettività, di una comunità. Dato che se non parli in pedagogese non sei nessuno, avrei cominciato con il brainstorming: “Alzi la mano chi di voi è mai stato dal dottore, in ospedale, al pronto soccorso. O chi ha avuto un parente che è stato ricoverato, operato e curato. O chi non ha mai fatto un esame del sangue, una radiografia o qualche altro esame simile”. A fatica posano il cellulare maneggiato di nascosto sotto il banco. Alzano la mano e anche lo sguardo, incuriositi. I più partecipativi partono con racconti esasperatamente dettagliati delle disgrazie sanitarie famigliari. La curiosità è attivata.

Seconda domanda: “Chi li paga i dottori, gli ospedali, le medicine, insomma tutte le strutture e i servizi che si occupano della nostra salute?”. Almeno un/a allievo/a risponderà: “Lo Stato”, poi si guarderà intorno trionfante. “E dove li prende i soldi lo Stato”.

Fase successiva, il compito di realtà.

Sulla LIM appare un Power Point che riporta i dati dello studio dell’Anaao Assomed. Gli allievi chiedono spiegazioni e commentano a volte anche a sproposito. C’è scritto “Se tutta la sanità diventasse a pagamento, ecco quanto costerebbero alle nostre tasche alcune prestazioni tipo”: un giorno di ricovero da 422 a 1.278 euro al giorno; sala operatoria 1200 euro/ora; degenza in reparto 600 euro al giorno per chirurgico, 400 per medicina generale, 165 per ricovero ordinario; intervento di colecistectomia 3300 euro per laparoscopica semplice, 4000 complessa, da 3000 a 10.000 euro parcella chirurgo; check up cardiologico donna da 750 a 800 euro (con mammografia); uomo da 350 a 400 euro. Se vogliono ritornarci su, a disposizione c’è anche il video.

Fine della prima lezione, compito a casa: “Calcolate quanto la vostra famiglia avrebbe dovuto pagare l’anno scorso per le cure ricevute: medicine, medico di base, analisi, eccetera. Cercate di metterci tutto. Se non sapete alcuni costi, li ricaveremo insieme domani a scuola”.

Messi in conto gli accidenti che manderanno i genitori. Scopriranno che possono essere contenti di pagare quando stanno bene, pur ricevendo poco. Lo saranno di più quando, ammalati, riusciranno a ottenere le cure di cui hanno necessità e che non potrebbero diversamente permettersi. E’ ciò che cementa una nazione e la fa grande, solidale e coesa. Qualche genitore chiederà al figlio/a dove sta il trucco, a dimostrazione che in certe teste l’individualismo prevale perfino quando ti danneggia palesemente.

Nella lezione dopo: “Adesso abbiamo il conto, i vostri genitori avrebbero potuto permettersi di pagare tutto questo?”. Immagino i soliti secchioni che smaniano, hanno scoperto che quasi tutte le famiglie avrebbero dovuto rinunciare a qualcosa di importante per pagare le spese sanitarie. Fine del primo compito di realtà, una lezione di educazione civica con lingua, matematica e altre materie. Seconda parte dell’unità, via con un nuovo compito di realtà.

Mostrerei sulla LIM una slide con i dati sull’evasione fiscale in Italia e in Europa. Poi, a seguire, una nuova slide con i dati sull’incidenza delle spese per la sanità sul bilancio dello stato. Così i frugoletti scopriranno che l’Italia è fra i paesi europei con l’incidenza più bassa della spesa sanitaria, ancora peggio se si considera la spesa pro-capite. Leggeranno coi numeri e i grafici che chi non paga le tasse toglie servizi a chi le paga; che curare anche chi non paga le tasse è giusto; che chi ne approfitta non è un furbo, è un ladro, al pari di chi ha guadagnato e non ha pagato. I loro genitori saranno presto chiamati a decidere se il servizio sanitario pubblico è un bene da preservare e potenziare o se è meglio che davvero da domani ognuno si paghi le sue cure. Se non ha i soldi, peggio per lui. L’importante è che “lui” sia qualcun altro, perché essere noi gli sfigati proprio non riusciamo a contemplarlo.

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