Il 28 per cento dei maschi tra i 14 e i 19 anni è convinto che “le ragazze possono contribuire a provocare la violenza sessuale con il loro modo di vestire e/o di comportarsi”. Emerge da un’indagine Ipsos per ActionAid sulla violenza tra pari che ha riguardato un campione rappresentativo di 800 giovani, maschi e femmine, di tutta Italia. Un dato allarmante che non può non far discutere mentre il Paese si interroga sugli stupri di Caivano e Palermo. La stessa opinione è condivisa dal 15% delle ragazze, mentre la percentuale è identica tra quanti sono convinti che “una ragazza può sottrarsi a un rapporto sessuale se davvero non lo vuole“. A crederlo è il 78% del totale, con punte dell’84% nel Nord Ovest mentre si arriva addirittura al 91% tra gli intervistati appartenenti a classi sociali agiate. L’indagine, che si può scaricare dal sito di ActionAid, ha ascoltato i giovani anche su un’altra serie di stereotipi, chiedendo agli intervistati quando siano d’accordo. Si scopre che il 71% dei maschi ritiene che “il ragazzo nella coppia ha il compito di proteggere la ragazza”, percentuale che scende al 49% tra le femmine. Che il 40% dei maschi pensa che “per i ragazzi, più che per le ragazze, è molto importante avere successo nella vita attraverso il lavoro”, che il 37% è convinto che “molte persone che si identificano come non binarie / fluide / trans stanno solo seguendo una moda del momento” e che il 34% è certo che “le persone omosessuali hanno più probabilità di contrarre malattie sessualmente trasmissibili”.

In media, le ragazze ritengono che gli episodi di violenza accadano più spesso di quanto non riferiscono i ragazzi. Una questione di percezione che lo studio indaga chiedendo di indicare cosa debba considerarsi un atto violento. Per il 18% delle ragazze e il 23% dai ragazzi “toccare parti intime di un’altra persona senza consenso” non è una violenza. Per la maggioranza non lo è nemmeno “mandare messaggi volutamente provocatori” (51%), “scrivere messaggi anonimi o fare telefonate anonime” (55%), “fare degli apprezzamenti ad alta voce a chi cammina per strada” (58%), “controllare il telefono o gli account social di un’altra persona” (59%) e “fare gossip o spettegolare” (78%). Quanto ai luoghi della violenza, i giovani ritengono che corrispondano innanzitutto a quelli del divertimento, considerati i meno sicuri dal 41% del campione, segue la strada e poi la scuola, dalle aule ai bagni, dalla palestra alla biblioteca.

Sulle cause della violenza, chi ha partecipato alle interviste pensa che le giovani vittime subiscano violenze sopratutto per le loro caratteristiche fisiche (51%), per l’orientamento sessuale (36% maschi, 45% femmine), e poi per la loro appartenenza e identità di genere (33% e 39%). “Secondo te chi ha più probabilità di commettere atti di violenza verso i/le giovani in generale?”, è stato chiesto. Per il 54% del campione la risposta è “un gruppo di ragazzi (maschi)”, seguito da “un uomo adulto al di fuori della scuola” per il 19% dei maschi e il 24% delle femmine, che nel 36% dei casi riferiscono di aver ricevuto più volte apprezzamenti ad alta voce mentre camminano per strada. In caso di violenza subita, la maggior parte dei giovani ritiene utile parlarne innanzitutto con la famiglia (62%), prima opzione anche nell’ipotesi di assistere a un episodio. Ma c’è anche molta sfiducia e tra quanti sono stati direttamente coinvolti e hanno scelto di denunciare, il 22% spiega che era convinto che “tanto anche se avessi denunciato non sarebbe successo nulla”.

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