di Trilussa

Anche noi anziani sono stati giovani, un tempo. Come tutti i giovani con molto testosterone e scarso senso di responsabilità abbiamo fatto le nostre bravate, alcune anche forse un po’ sopra le righe ma mai, dico mai, ci è capitato di superare quel limite che fa di una bravata giovanile un atto di delinquenza o di malvagità gratuita. Credo che dentro di noi, in fondo, avessimo una specie di freno interiore che non ci permetteva di superare quel limite, talvolta molto labile, che intercorre fra una stupidata giovanile e un vero e proprio reato.

Perché si può cercare di giustificare in mille modi quello che è successo ad Anagni ma è piuttosto evidente che fra tutti i presenti al fatto nessuno avesse, dentro di sé, quel freno interiore che ne impedisse la partecipazione all’uccisione, a pedate, di un’innocua capretta che era arrivata forse in cerca di una carezza o di un po’ di cibo facile. Erano ubriachi, si difendono, come se l’essere ubriachi fosse una scusante. E anche qualcuno del governo insiste sulla liceità di una buona ubriacatura come segno di normale partecipazione a una normale e attuale festa giovanile! Ma il governo è quello che è, non ci dobbiamo meravigliare.

In questi giovani, spero solo in loro ma ho qualche dubbio, sembra mancare quindi la capacità di conoscere fino a dove una persona può spingersi con i propri atti, di riconoscere un limite invalicabile per le proprie azioni. Ci mancherebbe solo dire, per favore come di solito succede, che anche la capretta se l’è andata a cercare! Invece di pascolare tranquilla per conto proprio è andata a infilarsi in una festa di giovani ubriachi che avevano solo bisogno di qualcosa di spettacolare da filmate con i loro telefonini per far vedere quanto si erano divertiti.

E allora mi domando come mai noi anziani avevamo questo limite invalicabile, un limite che sembra invece essere assente in molti ragazzi di oggi?

Intanto la nostra vita di giovani era permeata completamente dalla musica dei cantautori del tempo. Guccini, De Andrè, De Gregori con le loro canzoni riuscivano a trasmetterci, sia pure in modo inconscio, dei valori e anche dei limiti. Le loro canzoni, opere letterarie simili a vere e proprie poesie, esprimevano sentimenti di amore e di rispetto per gli altri, ci avvolgevano in atmosfere di armonia melanconica e di pace, ci facevano pensare e riflettere. Parole contro la guerra, contro l’indifferenza, contro l’individualismo costringendoci a guardare dentro noi stessi, soprattutto contro una superficialità che oggi appare dilagante e alienante.
Oggi sembra il tempo di fragole panna e champagne!

Infine un esempio personale giovanile che penso voglia dire molto: il Chiavaccini, un contadino cui avevo danneggiato un campo lavorato, mi rincorse fino nella corte di casa mia dove pensavo oramai di essere al sicuro. Non era così e le mie gambette di adolescente si arrossarono esattamente dove il vettino (una frusta vegetale usata per legare le viti) mi aveva colpito. Mia madre uscì da casa e si esibì subito in un sonoro scapaccione. Ma non al Chiavaccini, reo della frustata, ma a me medesimo. Oggi forse il contadino non si sarebbe spinto a tanto per paura di una denuncia penale e la madre avrebbe accolto fra le sue braccia amorevoli il figlio piagnucolante minacciando querele.

Il mondo si evolve ed è giusto che ogni generazione cambi qualcosa rispetto alla precedente ma ho l’impressione che la velocità con cui oggi questo accade sia eccessiva e i cambiamenti così rapidi che gli stessi giovani non siano in grado di controllare completamente questo cambiamento tanto da restarne in parte vittima. Non si spiegherebbero altrimenti i tanti fatti di cronaca che hanno tutti in comune alcuni elementi di base: la mancanza di qualunque tipo di freno inibitore, morale o giuridico che sia, e soprattutto il dispregio delle vittime, siano esse una donna o una ragazza, una bambina o una capretta.

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