“Gesuita che promuove il comunismo”, “rappresentante del Male nella Casa di Dio”, “persona nefasta” e “imbecille” sono solo alcuni degli epiteti rivolti nei confronti di Papa Francesco. Insulti provenienti da Javier Milei, economista di 52 anni candidato alle presidenziali argentine, previste per il 22 ottobre. In una inusitata escalation di offese durante la campagna elettorale, Milei ha accusato il Pontefice non solo di portare avanti politiche ecclesiali “di m***a”, ma anche di interferire pesantemente nella politica interna del Paese. Parole grosse, frutto forse di un clima sempre più avvelenato e polarizzato. Proprio questo clima potrebbe essere il motivo per cui il Papa ha declinato ogni invito a visitare la sua patria, dove non mette piede dal 2013, quando partì per Roma per partecipare al conclave che lo avrebbe nominato al vertice della Chiesa cattolica.

Milei, che si presenta come figura antisistema, dai toni in parte libertari e in parte di destra radicale, ha ottenuto il 29,86% dei voti alle primarie del 13 agosto, risultando il più votato tra i candidati. Secondo un sondaggio condotto dall’istituto Opinaia e pubblicato dal quotidiano Clarín, è inoltre avanti nelle intenzioni di voto per le presidenziali di ottobre: il candidato di La Libertad Avanza è dato al 35%, contro il 25% di Sergio Massa, attuale ministro dell’Economia e candidato peronista, e il 23% della conservatrice Patricia Bullrich. Una previsione fino a poco tempo fa inaspettata per l’economista di Buenos Aires, che non lesina accuse e offese nei confronti della Banca centrale, dello Stato, della “casta” politica. E, appunto, anche nei confronti del Papa. E se Milei negli ultimi tempi ha in parte smorzato i toni, dichiarando il suo rispetto per Bergoglio come capo della Chiesa cattolica e come capo di Stato, la ferita è rimasta aperta. Nel Pontefice, nel clero argentino e nei fedeli di tutto il Paese.

A sostegno del Papa, infatti, è sceso in campo un gruppo di “curas villeros”, i sacerdoti delle periferie urbane argentine. Il 5 settembre alcuni di loro hanno hanno concelebrato una messa, convocata di fronte alla parrocchia della Vergine indigena di Caacupé, nella bidonville numero 21-24, a sud di Buenos Aires. Obiettivo: “riparare agli oltraggi” al numero uno della Chiesa cattolica arrivati durante la campagna elettorale. Poche – appena un migliaio – le persone che hanno partecipato alla messa. Tra di loro, però, figure di spicco, come alcuni ministri del governo di centrosinistra, svariati sindacalisti e Adolfo Perez Esquivel, amico del Papa e premio Nobel per la pace nel 1980 per l’opposizione alla dittatura civile-militare.

Alla fine della messa è stato letto un documento congiunto firmato dal vescovo ausiliare e vicario generale di Buenos Aires, Gustavo Carrara, e da 71 sacerdoti del movimento dei “curas villeros”. Respingendo le offese nei confronti di Bergoglio, i parroci delle borgate hanno rigettato anche l’intera filosofia politica di Milei. Nella nota, infatti, hanno ribadito la necessità “di una politica a favore del bene comune, con la persona umana al centro”. Per i “curas villeros”, che si rifanno alla dottrina sociale della Chiesa, un candidato che afferma che “la giustizia sociale è un’aberrazione” rappresenta “un attacco diretto alla radice della fede“. “Crediamo che la divinizzazione del mercato porti alla disumanizzazione, dimenticando i più deboli. Se si suscitano solo leoni, è logico che gli agnelli più indifesi vengano sbranati. Nella legge della giungla, vince solo il più forte. È nella chiave della comunità organizzata che i nostri quartieri si organizzano e lo Stato ne accompagna intelligentemente la crescita e lo sviluppo”, si legge nella nota.

Parole in difesa del Papa anche da parte del sacerdote José ‘Pepè’ Di Paola. Il “cura villero” ha infatti tacciato Milei di insulti “indegni di un candidato”, ricordando la visita del 1997 effettuata dal Pontefice, ex Arcivescovo di Buenos Aires, nella parrocchia di Caacupé: in quella circostanza Bergoglio si presentò “vestito con un poncho e accompagnato dal popolo delle borgate”. Da allora, il Papa “si è trasformato in un leader come Gandhi, Mandela, Marthin Luther King che trasmette valori che possono unire l’umanità“. Il sacerdote ha poi rivolto un appello alla politica affinché elabori un’agenda sociale per i poveri, che rappresentano quasi il 40% della popolazione del Paese. “La classe dirigente si è dimenticata dell’agenda delle borgate che è né più né meno quella della maggior parte della popolazione: lavoro, educazione, salute e sicurezza”, ha dichiarato Pepè di Paola.

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