Vittime di maltrattamenti e stalking, orfani di femminicidio, autori di violenza, poliziotti, magistrati, avvocati, psicologi e criminologi: persone che, quotidianamente, da diverse angolazioni gravitano attorno al fenomeno sempre più diffuso della violenza sulle donne. Sono i protagonisti di “Un altro domani. Indagine sulla violenza nelle relazioni affettive”, docufilm scritto da Cristiana Mainardi e Silvio Soldini, che sarà presentato, sabato 2 settembre, con una conferenza-laboratorio al Festival della Mente a Sarzana. L’indagine nel profondo delle relazioni intime per comprendere come il seme della violenza germoglia rapidamente ha avuto origine dall’esempio virtuoso del Protocollo Zeus – nome che rievoca il primo caso di maltrattamento nella mitologia greca – ideato nel 2018 da Alessandra Simone, ora questore di Savona ma per lunghi anni capo della Divisione Anticrimine di Milano, per interrompere sul nascere la spirale del male che compromette l’esistenza delle vittime di violenza, e non solo.Per la prima volta, l’attenzione dell’intervento è focalizzata sugli uomini autori di violenza, per i quali è previsto un “ammonimento”, una sorta di cartellino giallo per intimare di interrompere qualsiasi forma di aggressione e, allo stesso tempo, proporre un percorso di recupero trattamentale a cura di un team di professionisti presso un CIPM, ossia un centro specializzato nel contrasto alla violenza e per i conflitti interpersonali.

“Ricordo perfettamente che non appena Alessandra Simone me ne parlò, capii che si trattava di una un progetto unico in Italia, una visione pioneristica. Coinvolgendo Silvio Soldini, grazie anche al criminologo Paolo Giulini, presidente e fondatore del CIPM, abbiamo avviato un percorso intenso che ci ha visti partecipare come osservatori a sedute singole o di gruppo con autori di reati relazionali, ma anche ad incontri con le vittime” così Mainardi ricorda la genesi del docufilm che mira a rappresentare un faro culturale in un periodo storico segnato da una preoccupante escalation di violenza. Il risultato è un grande affresco umano, composto da testimonianze che conducono nei meandri di esistenze invischiate in un retaggio culturale secolare, nel sessismo e nel patriarcato che caratterizza la società odierna.

“Abbiamo cercato di andare in profondità, dentro le relazioni, da diversi punti di vista. L’esperienza di ascolto e conoscenza, per me, ha rappresentato un viaggio trasformativo: credevo di essere una donna dotata di tutti gli strumenti necessari per riconoscere la violenza e, nel mio piccolo, contrastarla. Ho capito, invece, che è una materia immensa e, visto che siamo un po’ tutti intrisi di stereotipi e pregiudizi atavici, c’è un grande bisogno non solo di nozioni, ma soprattutto di una predisposizione a un cambiamento di sensibilità interiore” ammette Mainardi. Aiutare a rompere il silenzio e l’isolamento generati dalla violenza è l’obiettivo del docufilm che si spera possa arrivare anche nelle scuole per sensibilizzare i più giovani, soffermandosi sulla qualità delle relazioni e mostrando come si previene la violenza, sin da piccoli.

I fatti di cronaca di questi ultimi giorni mostrano l’urgenza di far comprendere che la violenza sulle donne non è un affare privato, bensì un problema dell’intera società. “Stiamo affrontando un’emergenza sociale che riguarda ognuno di noi. È necessaria un’alfabetizzazione degli affetti, anche e soprattutto tra le nuove generazioni che si stanno mostrando troppo vicine alla cultura della violenza. È evidente un bisogno educativo anche nella sfera affettiva e sentimentale, a cui noi genitori non abbiamo assolto pienamente” commenta la sceneggiatrice e produttrice cinematografica, soffermandosi sull’importanza di interventi anche a scuola e nei luoghi di aggregazione per impedire che si radichino stereotipi di genere, come la sottocultura del machismo. L’impegno dei professionisti operativi nell’ambito del Protocollo Zeus, attualmente attivo in diverse città italiane, ma anche delle associazioni e dei centri antiviolenza, si rivela sempre più determinante, ma, come evidenzia Mainardi, tale rete avrebbe bisogno di maggiore supporto istituzionale. “Occorre un’assunzione di consapevolezza e responsabilità a tutti i livelli nonché interventi decisivi per intensificare questi strumenti, migliorare per esempio i tempi della giustizia ed evitare la vittimizzazione secondaria che si perpetra ancora troppo spesso nelle aule dei tribunali. La politica dovrebbe intraprendere una serie di azioni capaci di affrontare non solo situazioni emergenziali ed estreme, ma volte a promuovere una reale cultura di contrasto alla violenza di genere” conclude, con la consapevolezza che ci vorrà del tempo, ma si può assicurare un altro domani, a tutti.

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