di Stefania Rotondo

E anche questa volta il vecchio cinico Kissinger-realpolitiker l’ha vista lunga.

Prima del conflitto ucraino aveva ammonito contro l’ipotesi dell’adesione di Kiev alla Nato, e all’indomani dell’invasione aveva identificato la concessione a Putin dei territori ucraini conquistati e la non perdita di altri come i miglior viatici per una pace. Certo, una pace non giusta e perenne, ma che avrebbe blindato i prossimi cinque/dieci anni, ritenuti dall’oracolo centenario pericolosi e instabili per una partita a scacchi che probabilmente sarà giocata dalla IA e che potrebbe vedere contrapporsi agli Usa non la Russia, che logorata da una guerra troppo lunga rischia di ridursi in coriandoli, bensì la Cina.

Tutto questo, è ovvio, per evitare due partite a scacchi usuranti e pericolose che gli Usa rischiano di giocare contemporaneamente, e per impedire che l’orso si smembri e venga fagocitato dal dragone.

Ordine e stabilità nel caos, dunque. Questo, da sempre, il ‘realpolitiker paradigma’ del Kissinger-practical. Una Ucraina ‘neutra’ avrebbe per logica e per pratica mantenuto al momento l’ordine mondiale in due blocchi, rassicurato il suo popolo su future minacce russe, mitigato il vorace Putin in attesa di una sua dipartita politica, tenuto la Cina lontana dalla Russia (che tra l’altro non si possono neanche vedere) e buona buona per un po’ a fare i suoi commerci, e garantito agli alleati occidentali un sempre comodo cuscinetto geopolitico.

Certo, la contropartita sarebbe stata pesante da digerire per Kiev, ma per una peace-practical tutti devono pur perdere qualcosa.

Le cose tuttavia sono andate ben oltre la logica e la pratica, non solo kissingeriane. La guerra è stata straordinariamente allungata per un’altrettanta voracità di Biden che vuole tenere Putin fuori dallo sbocco ai mari, in attesa dei risultati della controffensiva kievana divenuta pantano nonostante la Babele di armi inviate. E intanto per gli ucraini il Mar Nero pare essere perso, mentre il Mar d’Azov lo è già da tempo, e la Russia rischia di auto-ridursi in frantumi (ascesa e morte di Prigozhin docet). Ed è qui che il vecchio Kissinger si rivela proprio un bel marpione.

“Prima della guerra ero contrario a Kiev nella Nato. Ora l’idea di una Ucraina neutrale non ha più senso”. Dietrofront? No. Quando i contesti cambiano, cambiano le idee. Proviamo insieme a tradurre logicamente e praticamente questo clamoroso cambio di passo.

Livello logico:
1. Nonostante gli evidenti errori, il bicchiere è mezzo pieno.
2. Gli equilibri globali sono cambiati. Lavoriamo per trasformarli in nostro favore.
3. Non contesto la leadership americana, ma la incoraggio alla riflessione, visto che dimostra ogni tanto di essere adolescenziale e di non aver compreso fino in fondo le imperiture logiche di potenza e il ‘divino’ ruolo che la storia le ha concesso.
4. Mi fingo iconoclasta, ma in realtà dico all’americano medio, repubblicano e democratico, ciò che vuole sentirsi dire, rassicurandolo. Come fanno i buoni politici Usa in ogni campagna elettorale. Soprattutto questa.

Livello pratico:
1. Teniamoci buoni i cinesi finché possiamo.
2. Visto che l’orso rischia di essere sbranato dal dragone, e questo potrebbe essere un grosso problema per lo zio Sam, allarghiamo l’ombrello. Tanto, il punto non è più che l’Ucraina vuole entrare nella Nato, ma che è la Nato ad essere entrata in Ucraina.
3. Gli ucraini ormai schiacciati dovranno trattare. Lasciamo Putin libero di nuotare nel Mar Nero e d’Azov e facciamogli ricalibrare i rapporti con l’Ue e la Nato. Prendiamo tempo. La Russia non dovrà frantumarsi, ma continuare ad essere il competitor cinese in Africa e Medio Oriente, e cuscinetto geopolitico tra gli Usa e la Cina.

Kissinger pare un concreto e brutale politico estero cinese. Se la sua America non dovesse farci la guerra tra qualche anno, direi che il dragone gli è simpatico tanto da averne assorbito la marpiona mentalità win-win. Ma l’orso si dimostrerà win-win?

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