Mentre fatica a trovare coperture per la prossima manovra, il governo dà via libera al previsto investimento con “un importo massimo da 2,2 miliardiper acquisire una quota del 15-20% in Netco, la società che avrà in pancia la rete di Tim. Altri soci italiani – il fondo F2i – dovrebbero rilevare un altro 15%. Il fondo Usa Kkr avrà la maggioranza, con il 65%. Nonostante questo, lunedì sera in consiglio dei ministri la premier Giorgia Meloni ha commentato il Dpcm dicendo che “la direzione intrapresa dal governo è quella che il centrodestra ha sempre auspicato e sostenuto: assumere il controllo strategico della rete di telecomunicazioni e salvaguardare i posti di lavoro”. La partecipazione è infatti “finalizzata a assicurare comunque l’esercizio di poteri speciali, sostanzialmente la capacità di incidere in termini di strategia di sicurezza su quella che consideriamo una infrastruttura decisiva per il futuro del paese”, ha spiegato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti in conferenza stampa.

Le risorse per l’ingresso del Mef nella NetCo di Tim arriveranno, stando al decreto approvato lunedì, da residui del patrimonio destinato della Cdp. Nella bozza di Dpcm che attua il Memorandum firmato il 10 agosto scorso tra il Mef e Kkr si legge che l’accordo tra gli azionisti prevede tra l’altro “modalità di governance di NetCo idonee ad assicurare il conseguimento degli obiettivi del piano industriale” e “adeguati poteri in capo al Ministero dell’economia e delle finanze di monitoraggio sulla gestione e meccanismi, anche di governance, di presidio da parte dello stesso Ministero sulle decisioni rilevanti ai fini del perseguimento degli obiettivi di sviluppo e potenziamento di NetCo e in materia di rilevanza strategica e sicurezza nazionale, anche in caso di mutamento della compagine azionaria”. Il ministero potrà nominare uno o più esperti “di provata esperienza nel settore di riferimento e in operazioni similari” per gli aspetti finanziari e legali, “per l’individuazione delle modalità di ingresso nell’operazione, ivi inclusa la fase di determinazione del prezzo di acquisto della partecipazione, e l’esecuzione degli adempimenti societari richiesti ai fini del perfezionamento dell’acquisizione”. Il Mef potrà acquisire anche in un secondo momento l’intero capitale di Sparkle, la controllata di Telecom Italia che gestisce la rete.

“L’operazione su Tim che il governo Meloni ha avallato è un caso unico tra i grandi Paesi europei: la rete di telecomunicazioni – un asset strategico per il Paese – verrà separata dai servizi e privatizzata, finendo sotto il controllo a larga maggioranza del fondo privato americano Kkr. Lo Stato entrerà, ma con una quota di minoranza”, commentano i senatori del Pd Antonio Misiani e Antonio Nicita. “Il Partito democratico chiederà alla presidente Meloni e al ministro Giorgetti di venire al più presto in Parlamento a riferire”. Critici anche i sindacati Slc Cgil e Uilcom: per il segretario generale del Sindacato Lavoratori della Comunicazione Fabrizio Solari la separazione tra infrastruttura e servizi “ci allontana inevitabilmente dal resto dell’Europa” e “negli ultimi mesi il governo è passato con noncuranza dai propositi di una rete unica all’obiettivo della rete nazionale, per finire con la decisione di acquisire una partecipazione di minoranza alla costituenda società della rete Tim, lasciando al fondo americano KKR almeno il 65% del pacchetto. Resta l’amarezza e la preoccupazione per una vicenda giocata esclusivamente nella logica della finanza, con molta attenzione agli interessi degli azionisti e dei tanti blasonati creditori, ma che ha accuratamente evitato un confronto trasparente sugli aspetti industriali, occupazionali e sugli interessi generali del Paese”. La Fistel Cisl invece apprezza che si dia “la giusta importanza ad un settore fondamentale per lo sviluppo economico del Paese” ma ribadisce che “la separazione della rete dai servizi rischia di creare condizioni di maggiori tutela per alcuni e meno per altri”: il riferimento è al “destino dei 15.000 lavoratori dei servizi”, per i quali si aspetta che venga convocato un tavolo di confronto al Mimit con Urso e Giorgetti.

In Borsa, Tim ha aperto la seduta di martedì in rialzo del 2% ma i guadagni si sono poi sgonfiati. Secondo gli analisi, le chance che il riassetto vada in porto e che il piano si chiuda nei tempi previsti sono ora un po’ più alte visto che il governo ha dato un pieno supporto politico. Resta il nodo Vivendi: al momento i soci francesi (24%) non commentano la decisione del Governo. Il prossimo step sarà quello di chiudere l’accordo con le banche per il finanziamento e secondo il Messaggero la richiesta di Kkr è un prestito di 11 miliardi, 9 per finanziare l’offerta e 2 per programmare gli investimenti. Resta da vedere come si muoverà Cassa depositi e prestiti, che è azionista di maggioranza della concorrente OpenFiber: potrebbe avere un ruolo “all’interno dei vincoli dell’Antitrust”, ha detto Giorgetti. Oggi Cdp ha il 5% di Tim e la sua quota nella Netco dovrà rimanere nella prima fase sotto il 3%.

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