L’ingresso del governo nella rete di Tim, previsto dall’accordo tra Tesoro e fondo Kkr in vista della presentazione di un’offerta vincolante, piace agli analisti. E dal socio Vivendi, che ha il 24% del gruppo delle telecomunicazioni, arriva una prima apertura: fonti vicine alla società francese presieduta da Vincent Bollorè fanno sapere che l’impegno diretto del governo è “una notizia positiva” ma “per arrivare a soluzioni concrete e praticabili, è necessaria l’apertura di un dialogo serio”. In Borsa il titolo, in scia alle indiscrezioni dei giorni scorsi, ha guadagnato il 10% rispetto alla chiusura di lunedì. Se tutto andrà in base ai piani dell’esecutivo, il punto di caduta sarà il passaggio del controllo dell’infrastruttura al fondo statunitense. In contrasto con quanto affermava fino a pochi mesi fa il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, convinto della necessità di un controllo pubblico. Il Mef con il 20% si riserverebbe un “ruolo decisivo nella definizione delle scelte strategiche” e potrebbe costituire una minoranza di blocco con F2i che avrà il 10-15% e Cdp (azionista di maggioranza della rivale Open Fiber) con una quota non oltre il 3%. A che prezzo? Il ministero dovrà sborsare fino a 2 miliardi: più o meno il gettito atteso dalla nuova tassa sugli extraprofitti bancari varata pochi giorni fa, fa notare qualcuno.

Kkr ha tempo fino a fine settembre per presentare la sua offerta definitiva per la rete dell’ex monopolista, che ha sul groppone 26 miliardi di euro di debito. A giugno il fondo newyorkese aveva valutato l’infrastruttura fino a 23 miliardi di cui 9-10 a debito. Ora sta offrendo ai suoi investitori la possibilità di investire sotto la sua governance e potrebbe scegliere la formula del coinvestimento per far salire a bordo altri investitori internazionali interessati ad investire in Italia. Aveva iniziato a parlare con la Abu Dhabi Investment Authority e recentemente è stato fatto il nome del fondo pensioni canadese.

Secondo Equita, “il messaggio importante è la presenza diretta e attiva del Mef che rende esplicito il forte e ampio supporto politico all’operazione e offre garanzie sul tema antitrust“. Da questo punto di vista non ci sarebbero rischi se l’operazione sarà condotta alle stesse condizioni di un soggetto privato come Kkr. Per Barclays la partecipazione del Tesoro rafforza le probabilità che si concretizzi un accordo per la vendita della rete, ma con l’incognita Vivendi, che potrebbe chiedere un’assemblea straordinaria dove è richiesta una maggioranza di due terzi per approvare l’operazione. Per gli analisi inoltre la partecipazione statale farebbe venir meno i rischi di un’applicazione del golden power – i poteri speciali di veto e imposizione di condizioni nei settori strategici dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni – e “potrebbe addirittura portare a un miglioramento della valutazione di NetCo”, la nuova società della rete.

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