Spontaneo, mutuo, euforico e consensuale. Così Luís Rubiales ha provato a giustificare davanti all’assemblea della Real Federación Española de Fútbol il bacio a Jenni Hermoso dopo la vittoria mondiale della nazionale femminile di calcio.

Un bacio è diventato un caso politico, oltre che sociale. In quell’atto c’è tutto: il machismo che permea la società spagnola, la tracotanza del potere, il perdonismo, o se vogliamo l’indulgenza, che sottende le società del sud Europa a base cattolica.

Partiamo da un dato certo: Luís Rubiales ha i minuti contati quale presidente della Federazione: vista la sua resistenza alle dimissioni, sarà sottoposto a procedimento disciplinare a seguito di denuncia del Governo innanzi al Tribunal Administrativo de Deporte (TAD). L’iniziativa è stata annunciata dal Ministro della Cultura e dello Sport, il socialista Miquel Iceta, come conseguenza necessaria dell’inerzia degli organi federali i quali, per interessi o per spirito corporativo, hanno preferito girarsi dall’altra parte. L’esecutivo sarà parte del processo disciplinare, e questa non è decisione che sorprende, non solo per la gravità del fatto, ma anche per ragioni prettamente ideologiche. In Spagna il femminismo è un fenomeno vivo, ha una precisa rappresentanza politica in Unidas Podemos, formazione oggi confluita nel più ampio movimento Sumar, e nel Partito socialista del premier in carica Pedro Sánchez.

Il bacio di Rubiales è il frutto del maschilismo iberico, un atteggiamento diffuso – atavico e greve – che spesso si esprime nel linguaggio e sempre più nei numeri: ogni anno sono mediamente 50 le donne vittime mortali della “violencia de género” e oltre 110mila le chiamate al numero “016” dedicato alle coartazioni di genere. Quel bacio esprime l’arroganza del potere, con un presidente che blocca la testa di una tesserata per disporne a suo piacimento, altro che spontaneità e consenso.

Infine la farsa che segue la tragedia, con Rubiales che, seppur trovi un comodo alleato nell’ignavia vile della Federazione, ruba involontariamente la scena alle campionesse mondiali divenendo un caso internazionale, per un gesto, per le improbabili giustificazioni e per le pressioni sulla giocatrice Hermoso dirette ad avvalorare la tesi del consenso. La calciatrice madrilena, contattata per appoggiare l’assurda versione, avrebbe dovuto piegarsi per salvare la famiglia del presidente sportivo. Un espediente, disperato quanto ridicolo, utile per cercare una facile benevolenza in società civili allenate più all’indulgenza che al principio della responsabilità individuale. Un “tengo famiglia” alla spagnola che stavolta non ha fatto breccia.

La riluttanza alle dimissioni per un bacio non richiesto è in realtà arroccamento di potere, conservazione di privilegi e lauti compensi. Rubiales percepisce 634 mila euro di stipendio annuale, con l’inspiegabile bonus di 35 mila euro per l’abitazione familiare e, in prospettiva, il cospicuo bonus integrativo di 200mila euro per la promessa vice-presidenza Uefa. Un castello che si sta disfacendo, è solo questione di ore. Dopo la sospensione Fifa, il presidente è sempre più triste, solitario y final.

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