“Nell’atrio della palazzina dove Eliza è entrata con la missione di recuperare il padre dal suo quinto matrimonio, la accoglie l’odore delle bombole del gas che vengono portate su per le scale clandestinamente da quando hanno interrotto il sistema centralizzato”.

Con questo incipit, perfetto nella sua semplicità narrativa, prende avvio Yomurí, di Cynthia Rimsky (traduzione di Silvia Falorni; Edicola), straordinario e intenso romanzo di viaggio, avventura e formazione.

Eliza, la protagonista, accompagna il padre, ex diplomatico e Don Giovanni patentato, a ricongiungersi con Sonya, l’ultima figlia avuta dall’uomo, attraverso una discesa lunga, divertente e appassionante, verso il sud del Cile. Parallelamente una ragazza in cerca delle proprie radici e un gruppo di nativi risoluti a riappropriarsi di un territorio che in passato era appartenuto alle loro famiglie intraprendono lo stesso viaggio.

“Ogni volta che fanno una fermata, cosa che può avvenire fino a quattro volte al giorno, la Verde si allontana dalle case mobili e va verso le colline. Lì, pensa e ripensa all’Operación Patio progettata e messa in atto dalla sua ex migliore amica, alla bugia del padre, al tradimento della madre, all’incontro con Pié, alla notte all’Alloggio Universitario, al Colorín, alla sua insistenza perché lei li accompagnasse a Yomurí, all’odio per niente dissimulato di Pié quando ha saputo che sarebbe andata con loro”.

Storia umoristica, ma che al contempo contiene un forte pathos drammatico, Yomurí è un grido di libertà, individuali e collettive, che, grazie alla sua prosa, permette al lettore una totale empatia con i personaggi coinvolti, mostra le varie sfaccettature del coraggio davanti all’ignoto dell’avventura, quando spesso sogni e utopie di quello che sarà si scontrano con realtà che immaginavamo completamente differenti.

Yomurí è anche un libro sulle identità cercate e a volte trovate, di passioni e di desideri. È un libro sulla memoria e sui rapporti famigliari e collettivi, di fiducia reciproca e di dolori profondi per le reazioni che gli altri possono avere davanti alle nostre decisioni. Una miscela, originale, tra Travels with My Aunt, di Graham Greene, A Viagem do Elefante, di José Saramago, e Historias marginales, di Luis Sepúlveda, con uno stile linguistico differente dotato di riuscita comicità del quotidiano (e dello straordinario che il viaggio dona).

“Hanno perso qualsiasi speranza che passi qualcuno. Ormai non li preoccupa più dove o chi potrebbe portarli via, basterebbe andarsene dal vuoto in cui il bambino li ha lasciati in cambio della promessa di tornare a fine serata. Per quanto abbiano cercato di convincerlo a lasciarsi accompagnare, non c’è stato modo di fare fronte alla sua testardaggine. Sono rimasti padre e figlia, con le loro valigie, in un luogo che sembra il riflesso dell’altro lato della montagna”.

Un libro completo, pieno di sarcasmo e percettività, scritto in modo chiaro, limpido, con un notevole ritmo narrativo: Yomurí è davvero un ottimo romanzo.

Articolo Precedente

Ernst Meister. Non conosco nulla di più scuro della luce (Traduzione di Stefanie Golisch)

next
Articolo Successivo

Oppenheimer, Moravia e il disarmo nucleare: così si contraddice il fine della pace tra i popoli

next