L’occasione per lanciare l’ultima delle sue idee è stato il Meeting di Comunione e Liberazione a Rimini. Per fare cassa e trovare fondi per il bilancio dello Stato il vicepremier e leader di Forza Italia, Antonio Tajani, propone “la privatizzazione dei porti“. Una sparata immediatamente criticata e contestata dalle opposizioni e dai sindacati. Ma il ministro degli Esteri non demorde e, giorni dopo, in un’intervista a La Stampa rilancia dicendosi pronto a valutare “anche un disegno di legge” per liberalizzare i porti italiani. Ed esponendo la sua idea, con non poca confusione, parla di “Authority spa” con una “quota di garanzia da parte della Cassa Depositi e Prestiti” e “i privati tra gli azionisti“. Poi però sottolinea di fare riferimento solo a “concessioni“. Una proposta tanto ingarbugliata che per Tajani arriva l’invito dei sindacati “a studiare attentamente la legge dei porti”. Ma l’idea del forzista rischia di creare un nuovo scontro con l’altro vicepremier del governo Meloni, titolare – tra l’altro – proprio del ministero delle Infrastrutture e Trasporti. La privatizzazione dei porti “non è nell’agenda del governo“, taglia corto Matteo Salvini cestinando la proposta dell’alleato. Si apre così un nuovo fronte di scontro tra i due vicepremier dopo quello dei primi di luglio con la chiusura di Tajani alle alleanze in Europa con l’ultradestra di Le Pen e Afd e la dura replica di Salvini: “Non accettiamo veti sui nostri alleati”.

La proposta e le critiche – Tutto inizia mercoledì scorso quando il ministro degli Esteri partecipa a un incontro del Meeting di Rimini. “Per trovare più fondi per il bilancio dello Stato penso alle privatizzazioni, non dell’acqua ma ad esempio dei porti. Procediamo in una direzione che porti l’Italia a crescere. Servono privatizzazioni”, afferma Antonio Tajani. Poche parole, senza particolari dettagli, che scatenano però subito le critiche. Un’idea “inaccettabile”, la definisce il senatore Antonio Misiani, responsabile economico del Pd: “Che la destra sia disperatamente a caccia di risorse per la legge di bilancio lo si era abbondantemente capito. Ma se il governo Meloni pensa di svendere il demanio marittimo e cancellare il regolatore pubblico (i terminal sono affidati in concessione a privati) per uscire dai guai economici in cui ha cacciato l’Italia, si sbaglia di grosso e troverà la totale contrarietà del Pd”, replica Misiani. Daniela Torto, capogruppo del Movimento 5 stelle in commissione bilancio della Camera, parla di “segnali piuttosto inquietanti”: “Il governo dei sovranisti alla vaccinara intende addirittura far cassa con la privatizzazione dei porti“, scrive in una nota l’esponente del M5s. E insorgono anche i sindacati. Per la Filt Cgil le dichiarazioni di Tajani sono “sconcertanti“: “I porti sono un asset strategico per il nostro Paese sotto tanti punti di vista ed è per questo che devono restare in mano pubblica”. “La sola idea di voler privatizzare i porti – sottolinea la Federazione dei trasporti della Cgil – è di per sé molto grave e vogliamo auguraci che il vicepremier Tajani abbia preso un colpo di sole e che venga smentito dalle altre forze politiche di maggioranza”.

Salvini frena ma Tajani insiste – Così mentre monta la polemica, il leader della Lega Matteo Salvini fa sapere che la riforma portuale affidata al suo viceministro Edoardo Rixi va in realtà “in senso opposto“. Tutto finito? Assolutamente no. Il “collega” Tajani insiste. Lo fa sabato dalle pagine de La Stampa. “Il mio riferimento ai porti era un esempio della necessità di riaprire un processo di liberalizzazione dei servizi nel nostro Paese, proprio come negli anni Novanta. È un’idea politica, una proposta, che vogliamo discutere all’interno del nostro partito. Potremmo valutare anche un disegno di legge in questo senso”, dice nell’intervista il vicepremier azzurro. “I porti sono solo un esempio”, sottolinea Tajani elencando altri servizi da privatizzare come trasporto pubblico locale, municipalizzate e gestione dei rifiuti. “Più privato è, meglio è“, insiste. E tornando sull’argomento porti esprime “meglio” la sua idea: “Uno schema di liberalizzazione potrebbe comportare un’Authority spa, con una quota di garanzia da parte della Cassa Depositi e Prestiti, che magari può esprimere il presidente, e i privati tra gli azionisti”. Quando però gli viene fatto presente che così il demanio finisce in mano ai privati, il ministro degli Esteri ribatte: “No, lo ricordo: parliamo di concessioni, che devono avere tutti gli strumenti per essere revocate in caso di inadempienza. E il demanio rimane pubblico così come i servizi di polizia, guardia di finanza, dogana. Si privatizzano i servizi”.

“Servizi porti già privatizzati dal 1994” – E i sindacati tornano a contestare le idee confuse del vicepremier. “Ci preme ricordare a Tajani che i porti non sono servizi ma asset infrastrutturali strategici del Paese, diversamente sono le operazioni portuali ad essere invece dei servizi, già privatizzati ormai dal 1994“. Lo afferma il segretario denerale della Uiltrasporti, Claudio Tarlazzi che ricorda al leader di Forza Italia che “gli spazi portuali sono già stati dati in concessione a privati sulla base di istruttorie che tengono in considerazione la qualità, la solidità industriale dell’impresa e gli spazi fisici e di mercato del porto. Trasformare le authority – prosegue Tarlazzi – in Spa sarebbe un elemento di preoccupazione perché si perderebbe quell’ambito pubblicistico di terzietà che ha consentito il mantenimento nella maggior parte di porti di una concorrenza regolata, evitando posizioni dominanti di oligopolio“. “Invitiamo quindi Tajani – conclude il segretario della Uiltrasporti – a studiare attentamente la legge dei porti, i quali sono già ambiti aperti con una concorrenza regolata. Cambiare la natura delle authority aprirebbe al rischio di un ingresso di grandi gruppi privati spinti da grandi interessi economici diversi da un interesse generale che un porto deve rappresentare”, conclude.

Lo scontro tra vicepremier – Il ritorno di Tajani sull’argomento costringe Matteo Salvini a replicare. Lo fa con poche parole. “No”, la privatizzazione dei porti “non è nell’agenda del governo”, afferma l’altro vicepremier mentre Tajani poco dopo rilancia la sua intervista sui social. E dalle opposizioni continuano le critiche. “Che il vicepremier si avventuri su un terreno complesso come quello delle concessioni portuali, manifestando una tale confusione, lascia esterrefatti. Ma dopo aver letto che il suo metro di valutazione sarebbe il porticciolo turistico di Rapallo, ho compreso tutta la sua approfondita conoscenza della materia”, afferma la senatrice Raffaella Paita, coordinatrice nazionale di Italia Viva. “A meno che la maniacale attenzione ai porti di Tajani non sia un tentativo di mandare qualche messaggio minaccioso a Salvini rispetto all’annunciata e mai concretizzata riforma portuale. Se così fosse, voglio essere molto chiara: Italia Viva – afferma la senatrice Paita – non consentirà un uso politico della vicenda portuale per rispetto a chi investe nel settore e ai lavoratori degli scali”. “Tajani propone una nuova stagione di liberalizzazioni come negli anni novanta. Il niet di Salvini alle ipotesi sui porti, mostra una volta di più l’improvvisazione del governo sui temi dell’economia, con i due vice presidenti che si scontrano pubblicamente e Meloni che tace”, commenta il deputato di +Europa, Benedetto Della Vedova.

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