Il 19 luglio 2022 l’Assemblea dei soci riunita al Castello Grinzane Cavour celebra la solidità e lo sviluppo di Egea, una multiutility pubblico/privata – acqua, luce, teleriscaldamento, gas e altro – che, partita da Alba, ha messo radici in tutta l’Italia: cento comuni dell’albese soci e oltre 150 azionisti privati celebrano i fasti di Egea, accompagnati da un parterre de roi da fare invidia a chiunque.

Egea, holding di 40 società, 26 consolidate, presenta il consuntivo 2021 con numeri da sballo: valore della produzione 1,5 miliardi, investimenti 45,1 milioni, utile netto 16 milioni. Valore aggiunto, cioè ricchezza ridistribuita sul territorio, 93,5 milioni. Oltre 1600 collaboratori di cui 1.146 dipendenti, 345 i neoassunti nell’anno 2021, una crescita del 90% nell’ultimo biennio. Gli abitanti serviti sono 1,2 milioni e via snocciolando. Eccitatissimo il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio, albese: “Egea rappresenta la lungimiranza di questo territorio nel guardare lontano e testimonia la capacità imprenditoriale e il valore di saper e voler superare le ideologie per lavorare insieme (…)”, dichiara a Idea (settembre 2022, pag. 14), mensile del territorio.

Undici mesi dopo, il 14 giugno scorso, gli investigatori della Guardia di Finanza, mandati dalla procura di Asti, hanno ispezionato gli uffici della sede centrale di Egea acquisendo documentazione contabile, come ha raccontato il presidente di Egea P.P. Carini (figlio ed erede del fondatore) ai giornalisti e ai dipendenti preoccupati. Un’indagine erano in parecchi ad attenderla perché, già pochi giorni dopo l’assemblea delle meraviglie, l’azienda aveva cominciato a segnare una preoccupante crisi di liquidità, generata pare da una poco prudente gestione dei rincari delle materie prime, gas in testa, e dalla traballante amministrazione dei superbonus, dove si segnalavano criticità anche pesanti nei cantieri e nei crediti ceduti. Fra le ipotesi che circolano oggi il falso in bilancio, nel quadro di false comunicazioni.

Difficile non collegare la visita della Guardia di Finanza con la scadenza, proprio il 15 giugno di quest’anno, di un’offerta di cessione della maggioranza delle azioni per ricapitalizzare la società in difficoltà. Fra gli interessati Iren e A2A che ha poi rinunciato, forse preoccupata dai conti presentati in sede di lancio della proposta. Si avverte tanta preoccupazione sul territorio: i dipendenti per la tenuta dell’occupazione e, in definitiva, dell’azienda; i piccoli azionisti – amministratori locali in testa – che vedono sbriciolarsi un modello che, insieme al benessere, ha cementato consenso e costruito un esempio non sempre virtuoso.

Poi le banche, parecchio esposte, che vantano crediti in scadenza per circa 30 milioni di euro, Banca di Alba compresa. Carini, presidente del Consiglio di Gestione di Egea, solo 11 mesi fa diceva: “Egea ha dimostrato e sta dimostrando la sua capacità di resilienza, valorizzando la solidità e la flessibilità del modello di business che potrà ulteriormente favorirne la crescita in futuro (…)” e vai con sviluppo sostenibile, transizione ecologica, energie rinnovabili e via cantando. Questo mentre nella stessa assemblea presentava un Piano Industriale 2022-2030 con investimenti per 430 milioni di euro, tutti destinati alla sostenibilità, utili a ingolosire politici e imprenditori che non vedevano l’ora.

Scorrendo le tappe della storia di Egea così come riportate dal suo sito web, si comprende come il modello si sia venuto costruendo ed evolvendo fino ai giorni nostri: comincia nel 1956 ad Alba gestendo la vendita del gas e la sua distribuzione in città. Nel 1983 con l’ing. Carini, padre dell’attuale amministratore delegato, comincia l’evoluzione dell’azienda: circa 40 comuni del territorio danno vita al “Consorzio del Gas di Alba, Langhe e Roero”, che affida proprio a Egea la gestione del gas: allora si faceva così. Tre anni dopo parte il teleriscaldamento della Città di Alba, affidato sempre a Egea, stesse modalità.

Arriviamo così alla svolta: è il 1997 quando la società, totalmente privata fino a quel momento, si apre alla partecipazione dei comuni e degli altri enti pubblici del territorio. Acquisendo soci pubblici Egea allarga la sua rete di servizi, allarga anche la sua capacità di penetrazione nel mercato attraverso la mediazione dei comuni che entrano a farne parte. Oggi i privati detengono circa il 90% di Egea, di cui la famiglia Carini da sola ne ha il 56%; poco più del 5% alla Città di Alba, il resto polverizzato fra i tanti comuni del territorio.

Tornando all’oggi, A2A si è ritirata, si sono fatti avanti Iren e il gruppo americano Davidson Kempner che di recente ha lanciato Thaleia, una piattaforma di infrastrutture dedicata alla transizione ecologica in Europa. Intanto Egea ha nominato un super esperto per fare ordine e chiarezza nei conti con una procedura extragiudiziale di composizione negoziata della crisi.

Comunque vada a finire questa vicenda, un modello di gestione dei servizi pubblici territoriali è arrivato al capolinea, con lui la contiguità fra imprenditori e amministratori pubblici che ne ha permesso lo sviluppo impetuoso. Al suo posto le grandi multiutilities che si intravedono all’orizzonte, con logiche e attenzioni del tutto differenti da quelle a cui sono abituati i clientes storici. Oppure ricorreranno allo smembramento della holding e alla vendita per parti delle sue società.

Difficile fare previsioni, ma certo ci vorrebbe una politica che si ponesse l’obiettivo di costruire un futuro più pubblico e meno privato. Magari con qualche regalia in meno e qualche gara a evidenza pubblica in più. Per questo bisognerà ripartire dai fondamentali: interesse pubblico prevalente e accountability nelle decisioni e nelle procedure.

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