Potrebbe costare fino a 5 miliardi di dollari lo sciopero che si apprestano ad avviare i 150mila lavoratori aderenti allo United Auto Workers, il potente sindacato statunitense di settore. Se non ci sarà il rinnovo del contratto di lavoro con General Motors, Ford e Stellantis entro il 14 settembre i dipendenti incroceranno le braccia per almeno 10 giorni. Durante il precedente round di trattative con General Motors, nel 2019, i lavoratori si erano fermati per ben 40 giorni causando perdite per 3,6 miliardi. Gm, per un costo di 3,6 miliardi di dollari per il colosso di Detroit. I salari del comparto sono fermi da anni mentre l’inflazione, tornata a mordere, ne ha ridotto significativamente il valore reale. Lo stipendio di ingresso è oggi di 18 dollari l’ora, un dollaro e mezzo in meno rispetto al 2007, ossia prima che le principali case automobilistiche del paese fossero salvate con soldi pubblici. Eppure i bilanci dei tre colossi si sono chiusi con grossi utili, quasi 17 miliardi per Stellantis, 23 miliardi per Ford e 10 miliardi per GM.

Alla luce del buon andamento dei bilanci il sindacato ha avanzato richieste ambiziose per recuperare almeno una parte del potere di acquisto perso nel corso degli anni. Nell’elenco delle rivendicazioni ci sono aumenti salariali di oltre il 40% in quattro anni, un periodo di ferie aggiuntivo, il ripristino delle pensioni a prestazioni di welfare aziendale che erano state eliminate per i nuovi assunti e una settimana lavorativa di 32 ore. “Oggi dobbiamo lavorare più a lungo e più duramente solo per mantenere lo stesso tenore di vita che avevamo prima“, spiegano i sindacalisti che aggiungono “Ciò significa meno tempo per vivere la vita. Meno tempo da trascorrere con i familiari, meno tempo per le nostre passioni e i nostri hobby. Abbiamo tutti a disposizione una quantità limitata di tempo. Pochissime persone, se si guardano indietro, sono contente di aver passato così tanto tempo in fabbrica ma anzi hanno molti rimpianti su quel che potevano fare e non hanno fatto e forse non faranno più in tempo a fare”.

Durante le trattative che si sono svolte sinora il gruppo franco italiano Stellantis, che in Usa controlla Jeep e Chrysler e di cui la Exor degli Agnelli- Elkann è primo azionista, si è distinto per un atteggiamento particolarmente sprezzante verso le richieste dei lavoratori. Mark Stewart, numero uno della divisione statunitense che occupa 43mila persone, non si è presentato al tavolo delle trattative poiché in vacanza ad Acapulco, in Messico. Ha però inviato ai sindacati una lettera sollecitando un accordo basato sul “realismo economico”. Fain ha definito la lettera di Stellantis “spazzatura” e ne ha gettato una copia in un cestino dei rifiuti durante un incontro trasmesso in streaming. “Le proposte di Stellantis sono uno schiaffo in faccia”, ha detto Fain rivelando che la società propone tagli alla copertura sanitaria e meno giorni di ferie per i nuovi assunti oltre ad un incremento dei dipendenti a termine. La società si oppone inoltre all’eliminazione del doppio livello salariale per cui i nuovi ingressi sono pagati molto meno dei lavoratori assunti in passato.

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