Il boom degli ex percettori di reddito di cittadinanza che chiedono di tornare a lavorare come stagionali? Sono gli stessi albergatori e ristoratori a sgonfiare l’annuncio trionfale apparso sulle colonne del Messaggero nei giorni scorsi e subito rilanciato da media e politici. Dati non ce ne sono, fanno sapere dalla Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi. Si tratterebbe solo di “casi intercettati a macchia di leopardo”, rispondono dagli uffici. Come del resto emergeva anche dall’articolo del quotidiano romano, che rimanendo sul vago parlava di “fenomeno che si comincia a vedere soprattutto nel Sud” e più avanti di “casi in tutta in Italia” ma senza citare nemmeno un esempio concreto. Del resto, se l’abolizione del rdc avesse risolto il problema della carenza di personale non si spiegherebbero gli allarmi lanciati puntualmente anche la scorsa primavera, quando era noto che il sussidio sarebbe stato eliminato.

Torniamo ai presunti ex percettori che “prendevano il sussidio fino a luglio e ora si presentano nelle nostre aziende”, come dichiarato al Messaggero dal responsabile lavoro Fipe Silvio Moretti. I responsabili regionali della stessa associazione di categoria raccontano un’altra realtà. “Non abbiamo registrato questo trend in Sicilia” racconta al fattoquotidiano.it Antonio Cottone, vice presidente Fipe Sicilia. Anche perché la stagione è entrata nella fase finale, dunque difficilmente si è alla ricerca di lavoratori in questo periodo. “I giochi ormai sono fatti e raramente si ha necessità di manodopera”, racconta Cottone aggiungendo che gli incendi hanno causato anche una diminuzione degli arrivi. Nessun boom di richieste da parte di ex percettori di reddito dunque. “Se questo discorso fosse stato ad aprile e maggio oggi avremmo risposte certe – conclude Cottone – ma la cartina al tornasole si potrà avere solo la prossima stagione”.

Su che cosa si basano dunque gli annunci trionfali sul ritorno degli stagionali? Sicuramente non sui dati ufficiali dell’Inps. Il numero di assunzioni stagionali del 2023 non è ancora disponibile: l’ultimo aggiornamento dell’Osservatorio sul precariato risale ad aprile. I numeri riferiti al 2022 certificano che, pur in presenza del reddito di cittadinanza, il numero di assunzioni stagionali ha superato il milione. La cifra negli ultimi cinque anni è sempre cresciuta: 654mila nel 2018 quando il reddito ancora non c’era, 759mila nel 2019 quando è stata introdotta la misura del reddito, 656mila nell’anno del lockdown, 924mila nel 2021 e oltre un milione nel 2022. “Gli stagionali ci sono sempre stati, sono cresciuti negli anni, in presenza di rdc, e hanno superato 1 milione nel 2022, record, quando c’era il rdc (erano circa metà 5 anni prima). Il rdc dunque ha spinto l’emersione dal nero”, ha scritto l’ex presidente Inps Pasquale Tridico su Twitter.

L’unica a rilanciare la narrazione del ritorno degli stagionali dopo l’abolizione del reddito è la presidente di Federturismo Marina Lalli che al fatto.it dice che “da quando si è avuta notizia che il reddito di cittadinanza sarebbe stato interrotto abbiamo stimato un ritorno di 40-50 mila domande di lavoro che erano sparite negli anni passati”. Come si fa a sapere se fossero tutti ex percettori di reddito di cittadinanza non è dato saperlo. E non si capisce come mai, nonostante l’annuncio della crescita di domande, le stesse associazioni di categoria abbiano lanciato l’allarme sulla carenza di stagionali anche quest’estate. Per Lalli, in aggiunta, “il reddito ha agito da attivatore di lavoro irregolare. La gente non stava sui divani ma lavorava in nero”.

Ma anche qui sono i dati a smentire la vulgata. Il numero di assunzioni stagionali, come si è visto in precedenza, è aumentato anche in presenza del reddito. Al contrario, questa misura, secondo il segretario generale della Cgil Sicilia Francesco Lucchesi, “ha aiutato le persone a liberarsi dal ricatto dei datori di lavoro: o accetti di lavorare con contratti grigi e pagati male o niente”. Il grande timore dunque è che con la cancellazione del rdc si possano creare nuovi schiavi: “Se prima chi prendeva il reddito aveva uno strumento per rifiutare 14 ore di lavoro al giorno 7 su 7 per 800 euro al mese – conclude Lucchesi – da domani la gente diventerà schiava di un ricatto”.

Articolo Precedente

Turismo, i Consulenti del lavoro: “Occupati in aumento ma la qualità dei profili resta bassa”. Filcams Cgil: “Il 70% dei posti è irregolare”

next