La Procura di Milano ha revocato il controllo giudiziario nei confronti della Vedetta 2 Mondialpol, commissariata da metà luglio per sfruttamento del lavoro e caporalato. L’inchiesta del sostituto procuratore Paolo Storari e del Nucleo Pef della Guardia di Finanza di Milano a luglio ha svelato buste paga da 5,3 euro l’ora (930 euro al mese lordi e 650 euro netti), in linea con il ccnl della vigilanza privata recentemente rinnovato con le firme di Cgil, Cisl e Uil ma ritenute incostituzionali perché non garantiscono “un’esistenza libera e dignitosa”. I vigilantes erano obbligati a una quantità di ore di straordinari “abnorme” per potersi “garantire un minimo di sopravvivenza” e chi aveva “rimostranze” veniva sottoposto a “veri e propri atti di ritorsione tacita”. Ora il colosso della sicurezza privata di Como, con quasi 210 milioni di euro di fatturato e 4.742 dipendenti, ha annunciato che alzerà gli stipendi dei propri dipendenti del 20% dal primo settembre in “un percorso progressivo che porterà a un aumento del 38% alla scadenza del Ccnl prevista per il primo aprile 2026″.

Lo scorso 13 luglio il pm ha nominato un amministratore giudiziario con il compito di affiancare la società e procedere alla “regolarizzazione dei lavoratori” che si trovano in una “situazione di sfruttamento dello stato di bisogno”. Perché sarebbe stato inutile “rimuovere le figure apicali della società senza nulla mutare del sistema organizzativo” al cui interno anche “i nuovi venuti si troverebbero nelle medesime condizioni tossiche e il sistema illecito sarebbe destinato a perpetuarsi”. Di fronte alla decisione aziendale di alzare gli stipendi in modo strutturale la Procura ha dato il nulla osta alla revoca dell’amministrazione giudiziaria.

Sono almeno 41 le testimonianze di lavoratori Mondialpol in servizio fra 2019 e 2021 presso vari clienti (Poste Italiane, Intesa Sanpaolo, Sicuritalia, Iper, Banco Desio, Fidelitas, Lidl e Kuwait Petroleum Italia) raccolte dagli inquirenti nell’inchiesta e inserite nel decreto che disponeva il commissariamento. Buste paga “tra gli 850 ed i 1000 euro al mese incluse le ore di straordinario” per 200 ore al mese di lavoro – hanno messo a verbale – e “tentativi in sede di firma del contratto” di “diminuire il compenso orario da 5 euro l’ora a 3 euro”. “Senza lo straordinario la mia busta paga non raggiungerebbe gli 800 euro netti” ha raccontato agli investigatori un addetto.

Dietro l’inchiesta del pm Storari – l’ennesima dopo che a giugno è scattato il controllo giudiziario sulla Servizi Fiduciari (Gruppo Sicuritalia) che a sua volta è stato lo spunto investigativo dietro l’indagine per frode fiscale negli appalti di Esselunga con 42 milioni di euro di sequestro preventivo – c’è l’evoluzione della giurisprudenza nelle cause civili di lavoro davanti a vari Tribunali, di Milano e Genova in particolare. In sintesi: se anche esiste un contratto nazionale (come quello della vigilanza privata e servizi fiduciari) ma la retribuzione è “inferiore alla soglia di povertà assoluta” dell’Istat questo “esclude in modo evidente che possa assicurare al lavoratore e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. La Corte di Appello di Milano il 24 gennaio 2023 ha per esempio condannato in solido Atm – l’azienda del trasporto pubblico milanese – e il sub appaltatore Ivri Servizi Fiduciari a risarcire per migliaia di euro quattro addetti alla vigilanza della società che contestavano buste paga da 950 euro lordi al mese lavorando 173 ore su turni notturni da oltre 11 ore ciascuno. “È agevole osservare – scrivevano i giudici – che la retribuzione […] si colloca all’evidenza al di sotto della soglia di povertà”. Un principio giuslavoristico che per la Procura di Milano è diventato la ‘spia’ di caporalato e violazioni del codice penale.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Scuola, migliaia di supplenti senza stipendio da maggio. E anche ottenere la Naspi è difficile. Sindacati: “Si calpesta diritto costituzionale”

next
Articolo Successivo

“Cercasi commessa a 3,8 euro all’ora”. Charlotte Matteini e gli annunci da fame: la rubrica “Lavoro o sfruttamento?”

next