Radmilla, Adi, Radinka, Karina, Amira, Margarita non hanno assistito al dibattito parlamentare italiano sulla maternità surrogata. Non hanno nemmeno letto l’articolo su La Stampa di Michela Marzano che difendeva a spada tratta i bambini figli di un protocollo. Loro, queste ragazze, mentre in Italia blateravano sui diritti sacrosanti dei bambini dei ricchi etero e omosessuali, erano in una clinica, magari a Kiev alla BioTexCom che, nonostante la terribile guerra, non ha chiuso un solo giorno: “L’emergenza bellica ha segnato una svolta che ci ha comunque permesso di migliorare e perfezionare il nostro iter lavorativo e questo è ciò che oggi siamo fieri di potervi proporre”.

I papà e le mamme di Francesco, Donatella, Sandra, Giuseppe, Caterina e tanti altri bambini concepiti dalle cicogne hanno la comodità di non vederla, la guerra: “E’ sorta – spiega BioTexCom – la necessità del trasporto del seme in Ucraina (lo si fa solo ed esclusivamente per ridurre i viaggi dei pazienti, fino a quando la guerra non sarà finita la vostra incolumità è la nostra priorità)”. Radmilla, Adi, Radinka, Karina, Amira, Margarita erano lì a rispettare le quattordici regole – che a quanto mi è stato riferito vengono scritte su un foglietto lasciato loro sui comodini delle stanze della clinica – cui attenersi scrupolosamente per non affezionarsi in alcun modo al feto e garantire ai “clienti” un bambino perfetto: “Dormire nella posizione spiegata dalla fisiatra; mai parlare o cantare al feto; non dare nomi o soprannomi al feto; non giocare con lo smartphone; non cantare sotto la doccia” e altre ancora.

Chissà se Michela Marzano e le altre o gli altri intellettuali radical chic di sinistra hanno mai incontrato Radmilla, Adi, Radinka, Karina, Amira, Margarita. Chissà se hanno mai messo piede in un’enclave serba; in un villaggio ucraino a un centinaio di chilometri da Kiev quando ancora non c’era la guerra; in una periferia di Bucarest o in uno di quei parallelepipedi di cemento fuori Mosca o San Pietroburgo (io sì, per inciso). Chissà se questi intellettuali così impegnati a non etichettare i bambini come “comprati” (seppur credo sia questa la verità) hanno mai parlato con quel mio amico monaco ortodosso che da qualche anno non solo prega nel monastero di Decani, in Kosovo, ma prova a condurre una vera battaglia in difesa delle donne costrette a farsi cicogna per sopravvivere.

Da tempo mi stupisce che proprio il centrosinistra, che non perde giustamente occasione per scendere in piazza a difesa delle donne coniando slogan di ogni tipo, si dimentichi invece in occasione della maternità surrogata proprio delle donne. Forse perché non sono italiane e ricche? Forse perché il loro utero vale meno?

La superficialità e la rozzezza con la quale il centrosinistra e i suoi intellettuali di riferimento stanno affrontando la questione è sprezzante, offende la dignità degli italiani. In occasione del dibattito parlamentare sulla maternità surrogata come reato universale (una norma facilmente raggirabile registrando i bambini nei Paesi dove nascono), il mancato approfondimento da parte della sinistra su un tema così delicato ha permesso alla destra di far passare messaggi facili.

L’unica, in Parlamento, in dissenso del gruppo cui appartiene, ad aver sollevato una vera riflessione è stata Luana Zanella, presidente di “Alleanza Verdi Sinistra” che ha detto: “La maternità non può essere ridotta a un mezzo di produzione a vantaggio di altri”. Un concetto persino banale, logico. E mi spiace che proprio la Marzano citi su La Stampa il fatto che ci sono donne che lo fanno “per libera scelta” e perché hanno già un reddito. Intanto la questione del reddito è vera in ben pochi paesi, ad esempio la California. E poi basta un reddito per essere liberi?

La questione forse, se fossimo seri, andrebbe posta non solo sui diritti (ripeto sacrosanti) dei bambini, ma sulla maternità che in questo Paese è ancora una sorta di “stigma”, di “marchio” cui sembra impossibile sottrarsi. Forse dovremmo iniziare a porci un punto di domanda: cos’è la genitorialità? Un dono o un diritto? Un atto egocentrico o altruistico? E’ obbligatorio avere un figlio?

Qui – perdonatemi – è il caso di abbandonare le ideologie e parlare di umanesimo.

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