“Vedrò Marcello De Angelis nel pomeriggio e sentirò cosa mi dirà. La mia posizione, anche sulle sentenze, l’ho espressa ieri con chiarezza. De Angelis ha commesso un errore importante parlando in termini di certezza, anche se a titolo personale. Io farò le mie valutazioni ma lui non ha alcun ruolo politico nell’amministrazione regionale. Con Meloni abbiamo avuto modo di sentirci: mi ha chiesto di chiarire e certamente non era felice per quanto accaduto”. Con queste parole, a margine di un evento a Latina, il governatore del Lazio Francesco Rocca conferma il retroscena comparso lunedì mattina su Repubblica. E cioè il fatto che Giorgia Meloni lo abbia chiamato per dirgli che si aspetta un passo indietro da Marcello De Angelis, il capo comunicazione della Regione che sabato, in un post su Facebook, ha negato le responsabilità neofasciste nella strage di Bologna. Un episodio che descrive il nervosismo della premier per il nuovo episodio che mette in imbarazzo la destra al potere. Tanto che dentro Fratelli d’Italia domenica è stata imposta la consegna del silenzio: “Né Rocca né De Angelis sono iscritti al partito e perciò si tratta di una questione tutta locale“, è la linea che si tenta di far passare alla stampa. Nella serata di domenica il presidente della Regione è stato mandato avanti con un comunicato in cui ha precisato che il suo collaboratore parla a titolo personale, affermando di voler “valutare con attenzione il da farsi solo dopo averlo incontrato”. Lunedì pomeriggio, nel frattempo, De Angelis ha fatto una parziale marcia indietro scusandosi con un nuovo post, ma la questione politica non è ancora chiusa.

Se Fdi suggerisce ai suoi la linea del silenzio allo stesso tempo ricorda che le sentenze si rispettano: il coinvolgimento dei neofascisti nell’attentato del 2 agosto 1980 che macchiò di sangue l’Italia segnando per sempre la storia del nostro paese è “acclarato“. Ma chiedere il licenziamento di Marcello De Angelis è da mentalità “comunista” e “sovietica”, anche perché rispettare le sentenze non vuol dire interrompere la ricerca della verità. Sono questi gli appunti presenti – secondo quanto apprende l’Adnkronos – in “Ore Otto“, l’opuscolo interno di Fdi con la linea da seguire: un vademecum giornaliero ideato dalla comunicazione per aiutare i parlamentari a districarsi tra i principali temi di attualità. Per il partito di Giorgia Meloni, pertanto, è sbagliato invocare la testa di De Angelis: “Chiedere il licenziamento di un giornalista che manifesta la propria opinione, del tutto personale, su una qualunque vicenda è prova che la cultura sovietica e comunista della censura alberga ancora nelle menti di molti esponenti del Pd. A nulla vale dire che Marcello De Angelis lavora per un ente pubblico. È un lavoratore e non un rappresentante del popolo; e un lavoratore mai può rischiare il licenziamento per le sue idee per quanto possano non essere gradite”.

E sulla vicenda è dovuto intervenire anche il presidente del Senato Ignazio La Russa, identificato come il principale bersaglio del post di De Angelis. Il funzionario della Regione Lazio – che ha un passato nell’eversione di destra – ha infatti scritto: “Il 2 agosto è un giorno molto difficile per chiunque conosca la verità e ami la giustizia, che ogni anno vengono conculcate persino dalle massime autorità dello Stato. (…) So per certo che con la strage di Bologna non c’entrano nulla Fioravanti, Mambro e Ciavardini (i tre terroristi condannati, ndr). Non è un’opinione: io lo so con assoluta certezza. E in realtà lo sanno tutti: giornalisti, magistrati e “cariche istituzionali”. E se io dico la verità, loro, ahimè, mentono”. Frasi ricondotte da molti alle significative parole con cui La Russa, in occasione del 43° anniversario della bomba, ha ricordato “la definitiva verità giudiziaria che ha attribuito alla matrice neofascista la responsabilità di questa strage” (mentre Meloni, in una nota ufficiale, ha parlato più genericamente di “terrorismo”). In una dichiarazione citata da Repubblica, alla seconda carica dello Stato ora vengono attribuite queste parole: “Io ho già preso doverosamente atto, come detto in aula, delle sentenze giudiziarie. E ho ricordato l’importanza della desecretazione degli atti sulla strage di Bologna”. Che lui stesso, però, smentisce poco dopo: “Dopo la mia commemorazione in Aula per le vittime dell’attentato terroristico del 2 agosto non ho in alcun modo rilasciato, né personalmente nè per interposta persona, alcuna altra dichiarazione o commento in proposito. Credo, d’altronde, fossero esaustive le mie parole sia sul dovere (“doverosamente”) del presidente di tutti i senatori di non tacere su una risultanza oggettiva (“la verità giudiziaria”), sia sul sollecitare ulteriori desecretazioni per fugare ombre e dubbi che tuttora persistono. A queste mie dichiarazioni, rese il 2 agosto, senza null’altro aggiungere, mi richiamo integralmente“, ha fatto sapere.

Intanto, mentre l’opposizione in coro chiede le dimissioni di De Angelis chiamando in causa anche la presidente del Consiglio, dai partiti di governo ancora non è uscita quasi una parola. Tra le poche eccezioni c’è la capogruppo al Senato di Forza Italia Licia Ronzulli: “Ognuno può avere le proprie opinioni ma quando si ricopre un incarico nelle istituzioni non esistono pareri personali e nell’esternare si rischia di mettere in difficoltà l’ente che si rappresenta”, ha detto domenica sera a In onda su La7. Senza però spingersi a chiedere un passo indietro: la decisione, afferma, “spetta alla coscienza di ciascuno e al confronto che immagino ci sarà con il presidente Rocca”. Lunedì mattina si aggiunge l’ex capogruppo alla Camera Alessandro Cattaneo: “Negare la responsabilità neofascista significa innanzitutto negare la verità giudiziaria accertata in modo attento dalla magistratura”, dice, raggiunto da Repubblica. “Le dimissioni? È una decisione che deve prendere il presidente Rocca, ma quando si ricoprono ruoli del genere bisogna stare attenti”. Anche secondo il Corriere Meloni ha vissuto con “disagio e imbarazzo” l’uscita di De Angelis e si aspetta le sue dimissioni, che – si dice nel suo entourage – “sono l’unica via d’uscita“. Ma il governatore non ha intenzione di forzare la mano e proverà a superare le resistenze di De Angelis con un colloquio faccia a faccia.

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