di Marco Pozzi

Come l’estate è occasione per visitare nuove mete, così può esserlo per scoprire nuovi sport. Una possibilità ce la offre una rivista scientifica sempre attenta all’attualità, Antropologica, col numero monografico appena uscito e scaricabile gratuitamente dal titolo “L’inclusione possibile. Baskin: innovazione al lavoro”.

Il baskin – unione delle parole “basket” e “inclusivo” – fa parte degli sport chiamati appunto inclusivi, che permettono di far competere atleti con ogni tipo di abilità e disabilità, superando il modello paralimpico in cui disabilità simili competono fra loro.

Nel grande raduno nazionale organizzato dalle Polisportive Giovanili Salesiane, lo scorso maggio a Roma, alcuni di questi sport sono stati presentati, provati, studiati e discussi. Il floorball (o unihockey), nato negli Stati Uniti negli anni ‘50, è una sorta di hockey su ghiaccio senza pattini né protezioni – non sono permessi contatti fisici – teoricamente giocabile su ogni superficie: in palestra, su piastrelle, nel fango, nella terra, su prato, in acqua, o ghiaccio, purché con il bastone si colpisca la palla tenendola sotto il livello del ginocchio. Il calcio inclusivo e il rugby integrato fanno giocare insieme giocatori con vari tipi di disabilità. Nella ginnastica inclusiva vengono ripensati e reinventati i grandi attrezzi, oltre che i piccoli attrezzi della ritmica, e gli esercizi portano a esibirsi insieme, sincronizzati e coordinati, atleti in carrozzina e no. Nel para-badminton, che ha debuttato ai Giochi Paralimpici di Tokyo 2020, le gare sono suddivise per varie categorie, in carrozzina o no, partite in singolo o in doppio, secondo lo stesso sistema del badminton. La scherma inclusiva, con alcuni accorgimenti, permette di misurarsi fra loro ad atleti paralimpici in carrozzina, ipovedenti, malati oncologici o di Alzheimer. Il tchoukball nasce in Svizzera negli anni Sessanta dal biologo Dr. Hermann Brandt, il quale, dopo aver pubblicato La Critica Scientifica dei giochi di squadra, mette a punto un gioco a metà fra pelota basca e pallamano, senza contatti, basato su competizione e rispetto degli avversari, verso l’obiettivo di segnare in una cornice con elastici tirati al suo interno, come fosse una piccola porta sul lato corto del campo.

Nel baskin, evoluzione del basket, sono stati aggiungi quattro canestri più piccoli a metà del lato lungo del campo, dove solo alcuni giocatori, quelli con più difficolta, possono tirare senza essere contrastati. Tante sono le testimonianze dei ragazzi che sul campo acquistano la fiducia che poi serve loro in famiglia, a scuola, al lavoro, o che misurandosi coi compagni in allenamento superano paure che da sempre affrontano dentro le relazioni nella vita quotidiana.

Nato a Cremona nel 2000, al termine d’un percorso interessante che varrà la pena raccontare, il baskin si sta diffondendo velocemente tanto che ad alcuni, proprio in questi mesi estivi, sarà capitato d’imbattersi in campi da basket strani, come a Turriaco, in Friuli. Incominciano a vedersene in giro, così come si vedono partite e tornei, e le prime coppe europee, con palazzetti pieni, telecronache in diretta, competizione; poche settimane fa la Concordia Schio ha vinto la seconda edizione della Europe Cup, e su un canale Youtube se ne può ammirare intensità e bravura.

Le regole di questo nuovo sport sono costruite per tentativi e consentono a ciascuno di aver le stesse possibilità degli altri, con sfide proporzionali alle proprie capacità, da chi muove pochi muscoli a chi gioca al livello più competitivo, rappresentando dentro il campo una possibile – utopica? – società equa e inclusiva, fra abilità e disabilità di ognuno: è insieme una disciplina sportiva, uno strumento educativo, un progetto culturale. Perciò ci riguarda: tutti possiamo avere debolezze, periodi bui, malattie, contraccolpi esistenziali; tutti diventeremo anziani, meno autosufficienti; tutti potremmo avere disabilità durante certe fasi della nostra vita, o quantomeno potremo essere impossibilitati a esprimere le nostre abilità.

Non solo in tv o in eventi planetari, fra milioni di euro e grandi pubblicità, lo sport è anche un mezzo per riflettere su noi stessi e sulla nostra società. Buona estate e buono sport a tutti!

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